che la polizia di stato abbia da sempre avuto una certa predilezione ad ammazzare braccianti, operai, studenti, sindacalisti, attivisti di sinistra non è una novità, purtroppo. lo si sa.
si parlava delle BR e messa così sembra quasi che quei 625 siano esclusivamente loro caduti a fronte dei 197 che hanno ammazzato loro. e non è così. perché quel numero sicuramente comprende tutti i braccianti, gli operai, gli studenti, i sindacalisti, attivisti di sinistra, sia appartenenti al vituperato PCI, sia anarchici, qualche radicale, ragazzetti di sezione fgci, ragazzetti senza tessera ma di idee conclamate di sinistra, che niente aveva a che fare con fatti di sangue e lotta armata.
ed è ovvio che sono vittime, ce lo diciamo da 50 anni.
non si parlava delle BR, anzi ho a più riprese sottolineato come fosse sbagliato schiacciare il discorso su di loro.
Anche stando ai recenti arresti il più "celebre" è Pietrostefani che con le BR non ci azzecca proprio niente (senza contare i termini scandalosi con cui si arrivò a condanna per lui e Sofri).
E' esattamente lo stesso errore che anni fa si compiva con Al Qaida rispetto ad un più diffuso fenomeno fondamentalista che aveva le sue ragioni nel fallimento dei movimenti d'indipendenza progressisti nel mondo arabo, nella corruzione dei regimi al potere e nelle manovre post-coloniali dell'occidente nell'area.
Il tutto semplificato ad un'unica organizzazione e ad un unico modo di portare avanti quel conflitto (in tal caso terrorismo nella più classica delle accezioni).
E anche in quel caso, ricordo discussioni su questo stesso forum, quando si faceva notare che si trattava di una enorme semplificazione giornalistica che non coglieva il fenomeno reale sembrava quasi che stessi difendendo il fondamentalismo, quando si trattava semplicemente di cogliere la realtà e non una sua mistificazione utile ad armare la "guerra di civiltà".
Capisco che se parliamo dei Settanta la confusione dei termini è più facile perché, come detto, io quell'assalto al cielo me lo difendo. Ma se avveniva pure sul fondamentalismo islamico evidentemente c'è un corto circuito comunicativo.
Lotta armata non significa semplicemente "detenere armi" o usarle nelle azioni politiche.
Perché se stiamo a questo il fenomeno è stato nettamente più ampio delle organizzazioni clandestine.
manco di poco, oltre alla sinistra extraparlamentare dovremmo fare i conti anche con alcuni scheletri nell'armadio del PCI.
Per lotta armata si intende l'azione politica articolata secondo un'organizzazione, obiettivi e strategie di tipo militare. Che si sviluppa nel Settanta a causa della violenza dello scontro in atto, in cui le armi le usavano diverse tipologie di organizzazioni, e che porta alcune a farne il campo esclusivo di lotta.
Quando si processano i Settanta non si processa la lotta armata, si processa tutto il fenomeno schiacciandolo sulla lotta armata a partire dalla loro definizione di "anni di piombo".
è una semplificazione funzionale a due ragioni:
1) condizionare la memoria: schiacciare il fenomeno alla sua espressione meno difendibile, soprattutto se decontestualizzata perché fa apparire chi la scelse degli invasati assetati di sangue, guidati dalla loro follia.
2) prevenire nuove ondate: criminalizzare la violenza dal basso, di massa, rendendola un tutt'uno con la strategia della lotta armata, serve a disarmare preventivamente qualsiasi nuova esplosione sociale.
Non è un caso che proprio in italia la questione sia oggetto di un atteggiamento propriamente nevrotico nel giudizio delle rivolte e delle loro narrazioni. Si fa della violenza un argomento propriamente morale, astorico, immateriale, separato dal concreto.
Vissuto in prima persona negli anni di Genova 2001, prima durante e dopo.
Con un dibattito sulla non-violenza calato dall'alto senza alcuna ragione da Bertinotti e la cricca di fanatici che lo accompagnava. Facendo di un elemento materiale una questione idealistica, speculare alla degenerazione armata di BR e compari (per questo funzionali al discorso).
La violenza nella storia è invece un fattore inaggirabile perché quando interessi non sintetizzabili si scontrano la tensione aumenta fino a che non si arriva ad uno scontro aperto che si gioca sul piano della forza. Non si può aggirare questa questione. Non si può farne un argomento morale perché questo si traduce inevitabilmente o nel pensare che arrivato allo scontro ti fermi oppure nell'idealizzare la possibilità che la controparte si dissolva.
Ma pretendere che la controparte si dissolva è appunto un idealismo. La controparte lotterà per la sua sopravvivenza, è naturale e per certi versi legittimo che sia così, pure si trattasse di una cricca isolata al comando.
Da qui la celebre frase per cui la rivoluzione non è un pranzo di gala, ma un atto di violenza.
ll che non significa fare della violenza un feticcio, perché anche questo è altrettanto idealistico.
La violenza è un passaggio inaggirabile di forze confliggenti. Vale addirittura per la fisica, per le forze naturali, per la biologia, figuriamoci se non vale per le umane vicende.
Legittimo farne una posizione individuale, la rispetto, pretendere che vi si adatti la dinamica sociale è a dir poco ridicolo.