Prendo spunto dall'ennesima provocazione di FD , e per non creare confusione e OT nei topic di geopolitica reale correnti, apro questa per provare a spiegare meglio perchè ritengo ogni movimento autonomista o separatista legittimo e coerente con i principi libertari:
FD:
no, non vale no.
altrimenti dovrebbe valere per qualsiasi minoranza politica, non trattandosi di una minoranza territoriale.
Manco dico che se parlassimo di baschi o catalani vorrei vedere se saresti pronto a dire la stessa cosa (credo proprio di no), peggio mi sento se la minoranza non fosse una nazione minore che si sente oppressa ma una minoranza politica che vuole farsi un proprio regime.
Che sò, gli italiani di sinistra che si prendono una regione e pretendono di farne uno stato comunista.
Vorrei proprio vederti a dire la stessa cosa.
Ecco qui un altro esempio del double standard occidentale.
La mia argomentazione si articola su tre principi fondamentali, il primo è il non aggression principle, il secondo la libertà di associazione (sono libero di associarmi a chi ritengo a me affine, e altrettanto libero di dissociarmi da ciò che non condivido), il terzo ovviamente è l'autoderminazione.
Se il primo (spero) sia chiaro a tutti, nel secondo è implicito che se FD volesse staccare l'Emilia o la Toscana per fondare la sua repubblica popolare dovrebbe aver un consenso locale abbastanza schiacciante, se per quanto riguarda, realisticamente, Baschi e Catalani questo è davvero presente, come lo è nelle aree a maggioranza curda tra Turchia e Siria, per intenderci, movimenti simili in altre zone non è così scontato possano volerlo davvero in assenza di valide motivazioni.
Al punto tre, mi pare ovvio che secondo il principio dell'autodeterminazione , se un dato segmento volesse staccarsi pacificamente dovrebbe poterlo fare, ovvio, non credo possa bastare un 50%+1 , ma se un 70/80% degli abitanti desiderasse staccarsi dal governo centrale a me apparirebbe perfettamente legittimo, a prescindere dall'allineamento geopolitico di tale governo.
In conclusione alla critica agli stati moderni e al fatto che siano superati e in preda ad una irrimediabile crisi di leadership e competenze, a tutti i livelli, quindi un decentramento locale potrebbe fermare o invertire la spirale, altrimenti impossibile.
Proprio perchè vi sono una serie interminabile di linee divisive nella società moderna, non solo politiche, ma anche etniche, linguistiche, religiose, etc, non credo possa spettare agli esterni determinarne la validità o meno.
Il movimento catalano, usato nell'esempio da FD, conferma come il processo elettorale sia una farsa fine a se stessa, che il potere centrale non accetta di essere messo in discussione, meno che mai in poco limpido e pacifico, ma questo è un'altro problema.
Come dicevo, nella costituzione americana vi è la possibilità per le contee di separarsi e aggregarsi abbastanza liberamente, pur all'interno di certe prerogative federali (gli stati devono essere contigui e deve essere ratificato un trattato tra le due entità).
Quindi a livello di contee è possibile secedere, ma non lo è a proposito di stati nei confronti del governo federale, interessante no?
Tuttavia la cosa avrebbe problemi pratici di un certo livello, a cominciare dal creare strutture civili e a gestire l'eventuale movimento di popolazione conseguente, chi magari vuole uscire dal nuovo stato, chi potrebbe voler entrare e così via.
Nel caso Taiwanese, da cui origina la discussione, questi sono già de facto indipendenti dalla Cina, aldilà della questione del riconoscimento internazionale, hanno già istituzioni e strumenti civili funzionanti e varie ragioni per non voler essere reincorporati da Pechino.
Stesso discorso si potrebbe fare per il Kosovo, il Donbas o il Rojava.