bella intervista alla scienziata ungherese che sta dietro al vaccino biontech
La pioniera di BioNTech: “Con la mia arma anti-Covid ora voglio battere il cancro”
16 Aprile 2021
Intervista con Katalin Karikó, vicepresidente dell’azienda: "Negli Stati Uniti continuavo a chiedere fondi per le mie ricerche, ma venivo respinta regolarmente. Quando a novembre del 2020 mi hanno detto che l’iniezione funzionava non mi sono sorpresa troppo: io lo sapevo già"
di Giuliano Aluffi
La biochimica ungherese Katalin Karikó, 66 anni, vicepresidente di BioNTech, è la pioniera dei vaccini basati sulla molecola dell'Rna, che oggi stanno salvando dal Covid centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Ma la scoperta che, secondo molti, potrebbe portarle il Nobel, è solo una delle tappe nella vita di una donna determinata che ha superato scetticismi, ostacoli e avversità.
Agli inizi delle sue ricerche sull'Rna lei pensava già ai vaccini?
"No, lo vedevo come un modo per rimpiazzare i normali farmaci: l'idea era di dare alle nostre cellule, grazie all'Rna messaggero (mRna), le istruzioni per produrre proteine in grado di curare le malattie. Se lei si ferisce, e le iniettano una proteina per accelerare la guarigione della ferita, dopo due ore la proteina si degrada e lei dovrà riapplicarla. Invece con l'Rna può far sì che le sue cellule producano di continuo quella proteina per 2-3 giorni e tutto si risolve".
Nonostante la brillantezza dell'idea, lei ha incontrato molto scetticismo.
"Non c'era entusiasmo per l'Rna. Ricordo che mi dicevano: "Ma dopo qualche giorno si degrada". Io rispondevo: "Certo, è bene che si degradi. L'importante è che faccia in tempo a istruire le cellule". Pensi ad esempio al vaccino anti-Covid: non vorrà che le cellule producano proteine spike per il resto della sua vita, ma solo per lo stretto necessario ad istruire il sistema immunitario".
Può farci un esempio d'uso dello Rna messaggero?
"Se soffri di anemia - o se sei un atleta che vuole barare - può servirti l'eritropoietina (Epo), proteina che serve a produrre globuli rossi. Con l'mRna posso far sì che le cellule dei muscoli si mettano a produrre Epo. E anche se l'Epo si degrada dopo due ore e l'mRna si degrada dopo cinque giorni, una volta che hai prodotto globuli rossi questi durano fino a trecento giorni. Insomma, la cura è temporanea, ma gli effetti sono duraturi. Di quella ricerca ho ancora in testa un'immagine indimenticabile: topi dopati che, con tutti quei globuli rossi, correvano velocissimi per tutto il laboratorio".
Qual è il suo prossimo passo dopo il vaccino anti-Covid?
"Sto lavorando a un'idea anticancro: iniettare nel tumore un mRna che spinga le cellule tumorali a fare qualcosa che attiri l'attenzione del sistema immunitario: rilasciare citochine. È come dire alle cellule immunitarie: "Venite qui! Venite qui!". Così le cellule immunitarie localizzano quelle tumorali, ovunque esse siano - quindi vale anche quando il cancro metastatizza e arriva altrove - e possono distruggerle".
I suoi inizi sono stati difficili?
"Io e la mia famiglia, in Ungheria, vivevamo tutti in una stanza e per i primi dieci anni della mia vita non abbiamo avuto né il frigorifero, né l'acqua corrente, né il televisore. Ma, vede... In realtà non sapevamo di non avere queste cose, perché nel vicinato nessun altro le aveva. Nel 1985 lasciai l'Ungheria per un dottorato negli Usa, e nascosi tutti i risparmi nell'orsetto di peluche di mia figlia Susan per non farmi bloccare alla frontiera: sa, c'era ancora la Cortina di ferro".
Anche la sua vita negli Stati Uniti non è stata tutta rose e fiori.
"No, nel sistema universitario americano non sei salariato: devi portare tu i finanziamenti per la tua ricerca, vincendo borse di studio. Io continuavo a provarci, ma le mie domande venivano respinte. I miei colleghi di ricerca avevano capito che lavoravo su cose interessanti e mi hanno sussidiato loro, fino alla bella età di 58 anni. Ho lasciato l'University of Pennsylvania, dopo 24 anni di lavoro, senza aver mai avuto la proposta di una cattedra o un contratto permanente. Ma dei soldi non me ne facevo un cruccio: se vivi per quello, non fai bene a te stesso".
Nel 2013 è entrata in BioNTech. Come è successo?
"Mi sono trasferita in Germania e ho detto a mio marito, che era rimasto in America: 'Rimarrò fino a quando la prima persona riceverà un'iniezione di mRna'. Poiché non accadeva, anno dopo anno rimandavo il rientro. Ora, dopo otto anni, tutto d'un colpo oltre 200 milioni di persone hanno ricevuto l'mRna con il vaccino anti-Covid. Senza reazioni avverse e con una protezione che sta durando più di sei mesi".
Qual è il momento più importante della sua carriera?
"Un incontro alla fotocopiatrice del Dipartimento di Medicina dell'University of Pennsylvania, nel 1998. Lui era l'immunologo Drew Weissman, persona molto riservata e timida. Io invece quando inizio a parlare - in genere attacco con: "Sai che mia figlia è campionessa olimpica?" - non la finisco più. Mi disse che voleva lavorare a un vaccino per l'Aids, ma era a corto di idee. Io spiegai che lavoravo con l'Rna e avrei potuto aiutarlo istruendo le cellule a produrre l'antigene da aggredire. Funzionò. Fin troppo: l'Rna causava di per sé una reazione immunitaria che lo rendeva adatto ai vaccini ma rischioso per tutti gli altri scopi. Alla fine capii come modificarlo in modo da nasconderlo al sistema immunitario - come un orsacchiotto di peluche che deve varcare la frontiera - per il tempo necessario a entrare nelle cellule e istruirle".
L'esperimento che l'ha soddisfatta di più?
"Quando io e Drew abbiamo mostrato che inserendo l'Rna messaggero in una nanoparticella lipidica si può vaccinare con efficacia una scimmia contro il virus Zika. Una cosa straordinaria è quanto l'mRna funzioni bene anche sugli esseri viventi di grandi dimensioni: per i topi usiamo 30 microgrammi, la stessa dose che oggi lei si inietta con il vaccino Pfizer/BioNTech, anche se lei è quattromila volte più pesante di un topo. Quando l'8 novembre 2020 Ugur Sahin di BioNTech mi ha chiamato per dirmi: 'Il vaccino anti-Covid funziona', avevo già alle mie spalle anni di risultati positivi sugli animali con i vaccini per Zika e l'influenza. Per questo gli ho risposto: 'Eh, sì'. E non: 'Pazzesco, funziona davvero'".