Io ne faccio una questione personale, comprendo tutte le posizioni: gli ucraini che combattono, quelli che fuggono, i palestinesi che lottano e quelli che cercano di sopravvivere.
Io, Francesco, scapperei sempre. Scapperei dalla lotta di liberazione, dalla partecipazione alla lotta partigiana e dalla sua repressione.
Questo perché valuto la mia vita superiore ad ogni causa. Dico sempre che morirei, seppur a malincuore, solo per le mie figlie. E basta, per niente altro.
E ammiro chi lotta: ammiro i partigiani, ho addirittura comprensione per i repubblichini, apprezzo i rivoluzionari americani, francesi, russi, mi commuovono i ragazzi statunitensi che hanno liberato la Francia, i sovietici che hanno resistito a Stalingrado.
Io no. Io avrei cercato la zona di pace più vicina.
Lo dico ammettendo di essere in questo contesto un pusillanime.
Non farei una distinzione così netta tra eserciti di liberazione ed eserciti regolari.
In primo luogo i primi esistono solo perché esistono altre industrie belliche, apparati, eserciti, che hanno interesse affinché operino.
È il caso di Hamas che lotta grazie alle armi iraniane, ma potremmo fare dozzine di esempi di armi a stelle e strisce o con la scritta USSR stampata sopra che hanno invaso il mondo per armare eserciti di liberazione mossi come pedine nell’ottica del reciproco containment o proxy war di vario genere.
In secondo luogo (qualunquismo? Riflessione amara?) un esercito di liberazione si muove nel solco delle stesse logiche di tutti gli eserciti.
Ci sono dei capi che decidono, persone che combattono e muoiono, e alla fine se l’esito della battaglia sarà favorevole queste élite guerriere prenderanno il potere nella forma statuale / nazionale che ora conosciamo, producendo ulteriore morte e distruzione.
Oppure pensate sul serio che lo Stato Palestinese sarà un’isola di giustizia e libertà? O che l’Ucraina liberata sarà una terra di solidarietà e amore per il genere umano tutto?