Il futuro presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha un piano per far terminare la guerra in Ucraina, che sarebbe stato accolto con interesse dal leader russo Vladimir Putin.
Secondo indiscrezioni pubblicate dalla stampa internazionale, il piano si basa su tre punti chiave. Il primo è il congelamento del conflitto, il che porterebbe alla concessione del 20% del territorio ucraino alla Russia (cioè Crimea, Donbass, la zona lungo il mare di Azov e parte della regione di Zaporizhzhia). Il secondo è la creazione di una zona demilitarizzata di 1.000 chilometri presidiata dalle truppe europee (con possibili aiuti americani in armamenti). Il terzo è l'indipendenza di Kiev, che non può entrare nella Nato per i prossimi 20 anni.
Nella giornata di ieri, 8 novembre, c’è stata una telefonata tra il futuro presidente degli Stati Uniti Donald Trump e l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky, alla quale ha partecipato anche il magnate di origine sudafricana Elon Musk, in pole position per il ruolo di revisore della spesa per la Casa Bianca. Kiev si è congratulata con il tycoon per la vittoria alle elezioni, ma il vero focus della chiacchierata era ben altro: la fine dell’invasione russa in Ucraina. Secondo indiscrezioni, il piano di The Donald non dispiacerebbe al leader del Cremlino Vladimir Putin.
La telefonata tra Trump, Musk e Zelensky è durata 25 minuti, e non sarebbero stati discussi i dettagli del piano di pace. Tuttavia, secondo Axios, il presidente ucraino ne sarebbe uscito in qualche modo rassicurato. Ciò principalmente per due motivi: Trump non sarebbe intenzionato a “svendere” l’Ucraina all’invasore russo e al contempo Musk avrebbe assicurato che continuerà a sostenere Kiev con la sua rete di satelliti Starlink. Ma ha anche aggiunto, sulla sua piattaforma X, che “le uccisioni insensate finiranno presto” e che “il tempo per gli speculatori guerrafondai è scaduto”.
Ma al di là del sostegno americano all’Ucraina, confermato da Trump nella telefonata, vediamo nel dettaglio quali potrebbero essere i punti chiave del piano che il tycoon ha in mente per Kiev. Si tratta ovviamente di indiscrezioni perché il tutto non è stato ancora reso pubblico, anche se nei giorni scorsi ne hanno diffusamente parlato il Wall Street Journal e il Financial Times. Il primo dato certo è che la situazione non può essere risolta “in 24 ore” come ventilato dal tycoon. Al contrario, a quanto emerso, alcuni passaggi del piano potrebbero non essere condivisi da Zelensky o comunque richiedono tempo per essere messi in pratica.
Il primo punto è il congelamento della guerra in corso. In sostanza, il 20% circa del territorio ucraino resterebbe in mano russa. Il riferimento è sia ai territori occupati dal Cremlino dal 2014, sia quelli invasi nel 2022. Un’eventualità già più volte in passato esclusa da Zelensky, che non vede di buon occhio un congelamento temporaneo del conflitto. “Sarebbe totalmente sbagliato mettere in campo un cessate il fuoco e poi vedere cosa fare. Sarebbe come tornare al 2014. Ci abbiamo tentato, abbiamo perso la Crimea e nel 2022 abbiamo subito un'invasione", ha detto il leader ucraino in conferenza stampa dopo la riunione della Comunità politica europea.
"Abbiamo già avuto l'esperienza di un cessate il fuoco, ma la guerra in effetti non si è fermata", ha rincarato Zelensky, secondo cui con un cessate il fuoco il rischio "è di un terzo conflitto”. E ha infine aggiunto: "Il cessate il fuoco ci preparerebbe alla distruzione della nostra indipendenza, è stato proposto da uno Stato che non vuole che noi siamo nella Nato”. Ma nel caso i suoi timori non vengano ascoltati dalla superpotenza americana, quali territori potrebbero finire in mano alla Russia? Sicuramente la Crimea e il Donbass, nonché il territorio che si snoda lungo il mare di Azov fino a Kherson. Al Cremlino andrebbe pure una parte della regione di Zaporizhzhia. L’unica pedina di scambio, di fatto, sarebbero le terre controllate dall’Ucraina nella regione russa di Kursk (pari a circa 500 chilometri quadrati). Della serie: Kiev rinuncia alle zone invase, e così fa Mosca con territori dalla simile estensione.
Il secondo punto vedrebbe la creazione di una fascia demilitarizzata di 1.000 chilometri affidata al presidio delle truppe europee, che avrebbero dunque compiti di pattugliamento. Il tycoon non intende a tal proposito usare fondi americani. Tradotto, significa che il costo dell’operazione sarebbe interamente a carico degli Stati europei. Non solo: spetterà a loro trovare le risorse economiche per la ricostruzione del territorio ucraino martoriato dalle bombe russe. Secondo altre fonti, che pur confermano nella sostanza questa impostazione, gli Usa potrebbero comunque inviare armi e attrezzature agli ucraini per dare una mano nella difesa dei nuovi confini.
Il terzo e ultimo punto riguarda l’integrità territoriale e la neutralità di Kiev. In sostanza, la difesa militare della nuova Ucraina (che ovviamente manterrà la sua indipendenza) verrebbe affidata interamente agli europei, al netto di eventuali aiuti americani di cui al punto precedente. Ma attenzione: Kiev non potrà entrare nella Nato per i prossimi 20 anni. Il possibile ingresso nell’Alleanza atlantica, stando alle parole di Putin prima dell’invasione, è stato uno dei motivi scatenanti della guerra.
E in tutto questo, cosa ha intenzione di fare il leader del Cremlino? In primis, ha espresso la sua disponibilità a incontrare Trump. Putin ha infatti detto di non aver ancora parlato con il presidente eletto americano ma di essere pronto a farlo, non reputando "vergognoso" che sia lui stesso a prendere l’iniziativa di telefonare al tycoon. L’iniziativa di The Donald per mettere fine al conflitto in Ucraina è “degna di attenzione”, ha detto il leader russo, avvisando però che sarebbe “inutile mettere pressione sulla Russia”.
Putin vorrebbe inoltre "un nuovo ordine mondiale" multipolare, che invece l'Occidente rifugerebbe perché si sentirebbe minacciato nel suo "monopolio" di potere. Il mondo sta però attraversando un'era di "cambiamenti rivoluzionari", ha detto il leader russo, e ora si è arrivati a un punto “pericoloso”. “Nei prossimi 20 anni ci saranno sfide ancor più grandi" e per questo Mosca è "sempre pronta a negoziare, con la piena considerazione dei suoi interessi legittimi”. Parole che sono state ripetute dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov, secondo cui la Russia è pronta ad “ascoltare con attenzione" eventuali "idee sensate" anche da parte dell'Unione europea su come mettere fine al conflitto in Ucraina, anche se finora sono arrivate solo "frasi magiche sulla esclusività della formula Zelensky, che porta ad un vicolo cieco". Anche il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha affermato che "non sono esclusi" contatti tra Putin e Trump prima dell'insediamento di quest'ultimo, a gennaio 2025.
Sky tg24
La pace.