In realtà è peggio di così.
Ma è interessante che si possa mettere accanto alla questione reddito di cittadinanza.
Un po' il sospetto l'avevo avuto fin da subito, svolgendo attività di sportello sindacale.
Comunque da come ho approfondito la questione c'è un'elevata probabilità che la tizia in questione si sia recata a lavoro alcuni giorni, superati i quali è entrata in malattia.
Nel caso di diagnosi di stress da lavoro correlato, cosa che è facilmente ottenibile in un caso come questo, non c'è obbligo di restare a casa. Anzi, proprio per superare tale condizione il medico consiglia di uscire perché rimanere in casa potrebbe peggiorarlo.
Fino all'esaurimento del periodo di comporto (6 mesi se di ruolo) la lavoratrice avrebbe lo stipendio pagato fino a nuovo anno solare (dipende dai contratti, quello scuola mi sembra sia così).
Ecco qui il paradosso.
Pur di affermare che si DEVE lavorare a qualsiasi condizione, senza ragionare sul fatto che porre delle condizioni ragionevoli è garanzia del lavoro stesso, si offrono assist clamorosi per non lavorare ed essere pagati molto meglio di un banale reddito di cittadinanza.
Il votante di destra è così soddisfatto che ha imposto il lavoro, il biasimo non c'è anzi la storia è vista con compassione laddove invece il costo per la collettività è doppio.
Non solo, in tal modo si insegna ai cittadini che l'unica soluzione è fottere la collettività visto che quest'ultima ti spinge a scelte assurde.
Questo è il paradosso che spiega perfettamente come le misure dei lavoristi radicali da quattro soldi che vorrebbero dichiarare guerra ai nullafacenti in realtà li incentivano, non capendo proprio come funziona il lavoro in termini economici e sociali e interpretandolo solo attraverso le favolette neoliberiste.
Ora, non posso avere l'assoluta certezza che la storia sia questa che dovrei accedere alla documentazione, ma vi assicuro che è del tutto plausibile. Spiegherebbe anche perché la dirigente scolastica non può dare dettagli per motivi di privacy.