ci riprovo:
polizia slovena, niente nomi
http://reporterspress.it/polizia-slovena-nuovo-bilancio-2016-2017-finanziamenti/
greca...accidenti...qualcuno ha l'indicazione del reparto
http://atenecalling.org/i-casi-isolati-di-violenza-della-polizia-foto/
guardia civil
http://www.larioja.com/multimedia/fotos/local/62286-unidad-accion-rural-guardia-civil-18.html
poi c'è pure questa
https://twitter.com/j4rg0j/status/426693277253763072
mi sarei fidato comunque
Ti giro quest'altro articolo, più recente, in cui specifica meglio.
Nel resto d'europa le normative esistono ma spesso le forze di polizia hanno trovato il modo di aggirarle (coprendo l'identificativo in qualche modo o proprio rifiutandosi di indossarlo).
Non so se ci rendiamo conto del paradosso: una forza di stato che dovrebbe far rispettare la legge che viola una legge perché teme le ripercussioni che questa potrebbe avere.
Scandaloso il fatto che spesso e volentieri non siano previste sanzioni per le violazioni.
Come dire: la legge c'è ma fate un po' come ve pare.
Una sorta di indiretta auto-accusa. Se non fai nulla di male, non hai nulla da temere, o sbaglio?
http://archivio.senzasoste.it/istituzioni-totali/numeri-identificativi-polizia-italia-maglia-nera-in-europa-ma-il-governo-ostacola-il-ddl
Regno UnitoNel Regno Unito non esiste una regolamentazione unica per l’identificazione degli agenti, ma varia da regione a regione. La “Dress Code Policy” per la polizia metropolitana di Londra stabilisce l’obbligo per tutti gli agenti in servizio di esporre il codice identificativo nella spallina dell’uniforme, in modo che sia “visibile in ogni momento”.
Non sono previste esplicite sanzioni per garantire il rispetto del regolamento, ma la sua violazione da parte degli agenti può determinare specifiche misure disciplinari, che restano però a discrezione dei commissariati. Dopo gli scontri tra manifestati e forze dell’ordine per il summit del G20 a Londra nel 2009, nel corso dei quali diversi agenti sono stati accusati dalla stampa e da partiti di entrambi gli schieramenti di non aver esposto il codice identificativo, il rispetto del ‘dress code’ da parte della Metropolitan Police Authority è diventato più stretto.
FranciaFra le promesse di Hollande in campagna elettorale, il decreto del Ministero degli Interni firmato da Manuel Valls nel dicembre del 2013 ha introdotto in Francia l’obbligo per gli agenti in servizio, sia in uniforme che in borghese, di esporre un codice identificativo individuale di sette cifre, il “référentiel des identités et de l’organisation”. La normativa prevede eccezioni per gli agenti incaricati di presidiare la direzione generale della sicurezza interna, per quelli di servizio presso le sedi diplomatiche francesi all’estero, e quando sia richiesta la divisa ufficiale in occasione di cerimonie o commemorazioni. Sono inoltre esclusi dall’obbligo di identificazione alcune unità della polizia e della gendarmeria di Stato, come quelle di contrasto al terrorismo, i corpi incaricati della sicurezza del presidente della Repubblica e le unità di “ricerca, assistenza, intervento e dissuasione. L’identificazione del poliziotto attraverso un numero portato in maniera trasparente, spiega il ministero degli Interni transalpino, si fonda sull’esigenza di principi di trasparenza e responsabilità individuali. Nonostante il
mancato richiamo nel decreto a misure sanzionatorie per gli agenti inadempienti, i sindacati di polizia hanno denunciato il ricorso a sanzioni disciplinari da parte del Ministero degli Interni per assicurare il rispetto dell’obbligo, come dichiarato pubblicamente dallo stesso Valls all’entrata in vigore della nuova normativa nel gennaio 2014.
GermaniaIn Germania non esiste l’obbligo di identificazione per la polizia federale, ma è invece adottato in diversi Länder per i corpi di polizia regionali, dove nella gran parte dei casi
la polizia è libera di scegliere se riportare un’etichetta identificativa o meno. A Berlino, però, dal luglio 2011 la polizia ha l’obbligo di esporre un codice di riconoscimento di quattro cifre. Un provvedimento accolto tra le proteste dei sindacati di polizia, che hanno a lungo dato battaglia per ripristinare la normativa precedente, che obbligava gli agenti a dichiarare il proprio codice identificativo solo se richiesto, lasciando poi ai singoli la possibilità di riportarlo sulla propria uniforme. Sulla scia dell’iniziativa berlinese, anche lo Stato di Brandeburgo ha introdotto nel 2013 l’obbligo di identificazione per le unità di polizia sotto la sua giurisdizione. Nello Schleswing-Holstein resta in sospeso un progetto di legge dal 2010 sull’introduzione di numeri identificativi, fortemente osteggiato dai cristiano-democratici. In Sassonia dal primo aprile 2012 è stato introdotto l’obbligo di matricole di riconoscimento per gli agenti, ma non per quelli che operano “in situazioni pericolose” (tra cui le manifestazioni): un’eccezione questa contro cui continuano a battersi le sinistre e numerosi comitati cittadini.
SpagnaAd eccezione delle unità incaricate di mantenere l’ordine pubblico, anche in Spagna esiste sulla carta un obbligo di identificazione pubblica per gli agenti, anche se
non sono previste misure per garantirne l’effettivo rispetto. Nel Paese è stata approvata proprio in questi giorni una legge definita di “stampo franchista”, con i soli voti del Partito Popolare al governo, ma osteggiata, secondo un sondaggio, da otto spagnoli su dieci. Le nuove norme prevedono sanzioni fino a 30mila euro per una serie di infrazioni, come l’esposizione di cartelli e simboli o il rifiuto ad abbandonare una manifestazione.
GreciaNel gennaio del 2010 il governo greco ha emendato il precedente regolamento sull’identificazione pubblica della polizia, introducendo l’obbligo per tutti gli agenti di rendere visibile nelle proprie spalline un codice di riconoscimento individuale. Per gli agenti in tenuta anti-sommossa, un codice relativo alla proprio unità di riferimento e all’identificazione del singolo è riportato in evidenza sul casco protettivo. In un rapporto del 2012 sugli abusi e le violenze perpetrate dalla polizia ellenica nelle proteste contro le politiche di austerità,
Amnesty ha però denunciato la pratica adottata dalle unità preposte all’ordine pubblico di riportare il codice identificativo nella parte posteriore del casco, aggirando così di fatto l’obbligo di essere chiaramente identificabili dai manifestanti.
BelgioVi è una norma che obbliga gli agenti a portare una targhetta con nome, grado e forza di polizia. Tuttavia, nell’aprile 2013, la Commissione Interni del Senato ha fatto propria una proposta di Gérard Deprez del Mouvement réformateur tesa a mantenere l’identificabilità delle forze di polizia, ma al contempo a garantirne l’anonimato, per il rischio di ritorsioni. In pratica, si pensa a una norma che sostituisca i nomi sulle divise appunto con codici identificativi.
OlandaDue sono le principali caratteristiche delle divise nel Paese: per gli agenti c’è l’obbligo di portare sull’uniforme una targhetta con il nome, ma contestualmente le forze di polizia che agiscono in situazioni di ordine pubblico portano un numero sul casco. La targhetta fa parte dell’uniforme, anche se vi sono casi in cui viene nascosta.
Non vengono comunque previste disposizioni particolari per chi occulta la targhetta.
TurchiaNel giugno 2013, attraverso il suo blog, il giornalista e attivista per i diritti civili, Lorenzo Guadagnucci, pubblicò una foto di un agente in divisa che in Turchia si stava scagliando contro una manifestante. Nel Paese di Erdogan, che aspira da anni a entrare nell’Ue, esiste l’obbligo di avere dei codici identificativi sui caschi, ma
l’agente aveva pensato bene di occultare il proprio con una striscia di scotch colorato. Il caso ha voluto che una folata di vento scollasse per un istante quel nastro dal casco e che un fotografo freelance fosse lì a immortalarlo. Quell’immagine ha fatto il giro del mondo e il poliziotto – in un Paese che non brilla certo in materia di diritti civili – ha rischiato sanzioni. Si tratta di un fatto indubbiamente simbolico, ma che ne evidenzia – scrive Guadagnucci – uno molto più importante: “Il gesto dell’agente ritratto nella nostra fotografia, il suo goffo tentativo di occultamento del codice, dimostra che il timore d’essere identificati è un deterrente per gli agenti mal intenzionati e in generale un freno per gli eccessi preordinati nell’uso della forza”.