Da una storica, definitiva.
Amen cazzo:
Come storica, sto facendo veramente fatica a non desiderare di estinguermi per la quantità di volte che ho sentito usare il verbo "contestualizzare" in questi giorni. Due cose su cui proprio non riesco a trattenermi.
Statue e monumenti hanno una funzione SOCIALE: non sono edifici storici, non sono "la storia", non sono lì per caso, non sono dentro casa di qualcuno né in un museo; occupano lo spazio pubblico perché sono ciò che una società decide o non decide di celebrare della propria storia.
Innanzitutto, i contesti cambiano, e vanno valutati complessivamente TUTTI, incluso quello del tempo in cui si vive, perché a questo serve la storia; se si trattasse solo di restituire una immagine fissa di un tempo e un luogo prodotta a partire da uno specifico punto di vista e da uno sguardo non esplicitato ma comunque parziale, non si chiamerebbe "Storia", si chiamerebbe "cartolina".
Quello che succede con i monumenti, ad esempio quelli di cui tanto si parla in questi giorni, è anche un'altra cosa: è che, anche rispetto al contesto in cui sono stati eretti, esprimono una parte specifica del dibattito sociale del LORO tempo - cioè del LORO contesto; di solito - ma non sempre - la parte dominante, che vuole che la storia si ricordi in un certo modo e ha il potere di farlo. Visto che piace tanto il "contesto", ci si ricordi che contestualizzare significa anche rendere conto dei conflitti che attraversano la storia in determinati momenti: nel caso delle statue a colonizzatori,schiavisti eccetera, molto molto spesso già all'epoca in cui sono state fatte - e spesso anche all'epoca in cui agivano i soggetti delle statue - c'era chi lottava, scriveva e diceva che quelle cose non andavano bene. Ad esempio, quando è stata innalzata la statua di Montanelli, ma anche quando il Nostro se ne andava bellamente in televisione a raccontare le sue imprese, c'erano GIÀ stati movimenti e lotte di decolonizzazione in molti luoghi del Sud globale, erano già state scritte pagine e pagine di testi contro il colonialismo, c'erano già attiviste italiane afrodiscendenti in tv a spiegare che quello che aveva fatto Montanelli non andava bene: insomma, che colonialismo, schiavitù e tratta di esseri umani non fossero proprio delle gran belle cose, si diceva già da un pezzo.
Che poi in Italia TUTTORA sia considerato lecito non sapere assolutamente niente di storia del colonialismo - né di quello italiano né di quello degli altrx - che vada bene non insegnarlo a scuola, che sia motivo di vanto per chi fa il giornalista non saperne parlare, questo è un altro paio di maniche: non è che oggi si vuole riscrivere la storia perché è cambiato il contesto, è proprio che, al contrario, il contesto in fondo non è cambiato poi così tanto: si difende la statua di Montanelli perché ci si continua ad identificare con le stesse ragioni egemoniche per cui è stata messa lì, "in un altro contesto": perché si vuole continuare a celebrare pubblicamente, con l'arroganza dei dominatori, che, in fondo, non abbiamo fatto nulla di male, anzi, diciamolo: la statua di Montanelli è lì a riaffermare che abbiamo fatto bene.
In fine, proprio per la natura profondamente politica dei monumenti e dei memoriali, dico un'altra cosa. In molti paesi d'Europa, a partire dalle sollecitazioni dei movimenti neri, si sta aprendo già da tempo un dibattito su una riappropriazione del potere di decidere su questi simboli e sull'erigerne di nuovi, a partire da campagne politiche che parlino di riappropriarsi dello spazio pubblico e della Storia. In questo contesto,ad esempio, molto presto vedrà la luce il contestatissimo primo Memoriale della schiavitù di Lisbona. Può sembrare una rivendicazione non abbastanza radicale per i nostri gusti, ma in realtà cominciare a pensare monumenti che visibilizzino le stragi del colonialismo italiano, i morti di Ambaradan, le madame stuprate - e direi giù fino ai braccianti nelle campagne del Sud - significa aprire un processo innanzitutto di riconoscimento del passato coloniale, e poi soprattutto di riparazione storica - in questo caso simbolica, ma poi in altre forme anche materiale - senza il quale mi pare difficile andare avanti con i movimenti antirazzisti e soprattutto con il ruolo dei/delle alleatx bianchx in questi.
Carla Panico