Ma infatti. Se non aprisse le porte ad ulteriori discriminazioni, ad ottuse chiusure mentali verso cibi di provenienze e etnie diverse, o addirittura fonti di risorse proteiche nuove e per noi atipiche, con tutti i razzismi a ciò collegati, per me la sovranità alimentare non sarebbe manco tutta sta stortura. L’avrei chiamata diversamente e sicuramente ne avrei definito i contorni in modi diversi da come sarà fatto.
Tarà, vediamo; non facciamo il processo alle intenzioni.
Chi vorrà mangiarsi il kebab lo continuerà a fare (miglior kebab d’Italia a Bologna);
Chi vorrà mangiare junk food potrà continuare a farlo, ma verrà combattuta la bolognaise a favore di un bel ragù genovese.
E le fonti proteiche alternative sono in mano alle multinazionali e a perderci sono le eccellenze gastronomiche e produttive locali.
L’Italia deve fare della gastronomia e del Made in Italy una eccellenza e difendere i nostri prodotti che sono diventati marchi di fabbrica.
Pizza, pasta, tiramisù , gelato, caffè: tutti nomi scippati usati e abusato ovunque.
Ascolto su tutti i temi che vengono trattati con estremo rispetto perché non conosco, ma qui sono nel mio territorio naturale (Veronelli l’avrebbe chiamato giacimento gastronomico).
Seguirò con estremo rigore e attenzione cosa vorranno fare e come e se non all’altezza sarò il primo detrattore; fino ad allora , piuttosto che il non presidio, meglio la “sovranità “: io l’avrei chiamata se proprio si doveva salvaguardia del saper fare italiano (per non usare inglesismi ) altrimenti del Made in Italy.