7 ottobre, Israele. Lettera a mia madre, un anno dopodi Etgar Keret (
Corriere della sera, 6 ottobre 2024)
Cara mamma,
sono passati già cinque anni da quando sei morta e ti scrivo solo adesso. Perdonami se ci ho messo tanto: aspettavo di poterti riferire una qualche buona notizia, ma ha tardato ad arrivare. Avrei potuto scriverti del Coronavirus o del governo messianico di destra formato da Benjamin Netanyahu, che hai sempre trovato insopportabile. Avrei anche potuto scriverti del massacro spaventoso che è avvenuto in Israele il 7 ottobre, delle centinaia di ostaggi rimasti a marcire a Gaza e di come Netanyahu sembri fare di tutto per ostacolare ogni possibile accordo e ambisca a proseguire all'infinito questa guerra maledetta. Avrei anche potuto raccontarti di Alex, lo storico con la barba che ha partecipato alle riprese del documentario per la televisione polacca e che tu avevi definito un mentsh, così chiamavi in yiddish una brava persona, raccontarti come l'hanno rapito dalla casa dove mi ha ospitato allora, durante le riprese, e di come è morto a Gaza, dopo che Netanyahu è rimasto inflessibile, niente accordo, non ha voluto accettare uomini anziani al posto di donne. O raccontarti dei pensionati e delle pensionate che, se fossi viva, incontreremmo nella sala d'attesa del dottore, scriverti come la polizia fascista del ministro Ben-Gvir li ha arrestati e ammanettati con violenza, neanche fossero criminali pericolosi, solo perché hanno osato provare a rammentarci che la liberazione dei prigionieri, il pidyon shvuyim, è uno dei precetti più importanti dell'ebraismo.
Ma a che pro? Tu sei già in un altro mondo, molto migliore. Perciò ho continuato ad attendere una buona notizia. Mi ero ripromesso di scriverti dopo il ritorno degli ostaggi, o per lo meno dopo la caduta di questo pessimo governo, quando Bibi si fosse assunto la responsabilità della terribile tragedia, invece di accusare di aver favorito Hamas prima i capi dell'esercito e i giudici della Corte Suprema, infine persino i vostri figli, che continuano a manifestare ogni settimana per l'uguaglianza e la democrazia, contro il fatto che Gaza sia ridotta alla fame e contro i pogrom dei coloni nei villaggi palestinesi in Cisgiordania.
Durante quest'ultimo anno, in Israele, abbiamo avuto l'impressione di guardare uno schermo televisivo diviso in due: da un lato eventi che si svolgono con il ritmo di un film di Charlie Chaplin e le proporzioni epiche del colossal biblico. Un massacro senza precedenti nei kibbutz della fascia vicino a Gaza che ha causato una follia di distruzione e morte che si rovescia come un diluvio di fuoco dal cielo e incenerisce mezza Gaza. E l'altra parte dello schermo? Immobile. Da un anno intero il primo ministro di Israele non è in grado di spiegare al suo popolo e al mondo come vede Gaza il giorno dopo questa guerra senza fine, da un anno intero non sente la necessità di assumersi la responsabilità per il fallimento degli apparati di sicurezza, a causa del quale sono stati uccisi centinaia di israeliani. E come, più di un anno dopo aver mandato una lettera di destituzione al suo ministro della Difesa, il suddetto ministro è ancora in carica.
Un intero anno in cui Netanyahu rifiuta di rilasciare interviste ai mezzi di comunicazione locali, di istituire una commissione d'inchiesta che investighi sui suoi fallimenti e di fissare una data per le elezioni che sottoporranno il suo governo alla prova del voto del popolo, il quale, secondo tutti i sondaggi, è stufo marcio di lui ormai da tempo. Un anno lungo come l'eternità e sterile come il deserto. Un anno alla fine del quale ci troviamo davanti a una catasta inconcepibile di cadaveri e senza neppure un briciolo di saggezza e di speranza in più.
Mamma, nel nord di Israele le case bruciano e in Libano esplodono i cercapersone e i walkie-talkie, seminando devastazione in scala drammatica e in stile Candid Camera. Il che mi ricorda che oggi sono finalmente riuscito a scovare su Internet una buona notizia, qualcosa che, benché non legato al Paese che tanto ami, ti renderà almeno un pochino contenta. Ecco qui: una nuova ricerca dell'Organizzazione Mondiale della Sanità dimostra che non ci sarebbe alcuna relazione tra l'uso eccessivo di telefoni cellulare e il cancro. Ti ricordi che mi ripetevi sempre, con un sorriso un po' preoccupato, che il fatto che io parlassi così tanto nella vita era ancora ancora accettabile, ma le telefonate fiume al cellulare avrebbero finito per friggermi il cervello? Ecco, d'ora in avanti puoi stare tranquilla: non succederà. Quel chiacchierone di tuo figlio potrà continuare a parlare e parlare al cellulare senza perdere un solo capello.
Le persone che vivono ai due lati del confine con Gaza, intanto, muoiono come mosche: bambini e anziani israeliani innocenti, giovani soldati di leva, e a Gaza migliaia e migliaia di donne e lattanti - ma nemmeno uno di loro muore per aver parlato troppo al telefono. I telefoni cellulari a quanto pare resisteranno per l'eternità, mentre questo governo ha pur sempre una data di scadenza. Preghiamo insieme che arrivi prima della data di scadenza di Israele e della distruzione del Terzo Tempio, che Ben-Gvir e i suoi compari nel governo sognano di ricostruire sulla strada per la redenzione.
A proposito di redenzione, spero che lassù si stia bene e che tu e papà riusciate a trovare un po' di pace. Devo confessare che, mentre molti altri dicono di essere contenti che i loro genitori non siano più in vita a vedere come si è ridotto questo Paese per il quale tanto si sono sacrificati, io rimpiango ogni giorno che non siate più qui. So che se tu e papà foste vivi avreste già riportato un po' di ordine, o per lo meno sareste riusciti, come sempre, a trovare dentro a tutta questa oscurità e torbidezza un sentierino illuminato dalla speranza.
Ti voglio bene,
Etgar
Traduzione di Raffaella Scardi