Bella intervista al grande scrittore Yehoshua, uno da sempre a sinistra (forse non per FD, ma se ne farà una ragione). Ne posto degli estratti. Il finale è OT, ma è una dichiarazione profonda e poetica.
https://www.corriere.it/esteri/19_aprile_10/yehoshua-bibi-genio-manipolatore-non-trump-berlusconi-de7c3d9a-5bcc-11e9-ba57-a3df5eacbd16.shtmlLei crede ancora nella pace?«No. Credo nella partnership: vivere insieme, sotto lo stesso tetto, sotto un unico cielo. Per decenni mi sono battuto, accanto al mio fraterno amico Amos Oz, per un’idea affascinante: due popoli, due Stati. Ora non ci credo più. Penso che saremo uno Stato solo, ma non uno Stato ebraico: aperto ai palestinesi, compresi quelli della Cisgiordania. Ho litigato con Amos per questo».
Vi vedevate spesso?«Ogni settimana a cena. Lui mi rimproverava: con la tua idea finiremo per avere un premier arabo!».
Pare la trama di «Sottomissione» di Houellebecq: i musulmani al potere.«Un giudice non ebreo ha condannato un ex capo di Stato a sette anni di carcere. Abbiamo generali drusi. Ci sono ospedali diretti da arabi. E l’ospedale è la chiave dell’integrazione».
Perché?«Perché in ospedale siamo nudi. È il luogo della sofferenza e dell’intimità. Già oggi medici arabi curano malati ebrei, e medici ebrei curano malati arabi».
Sì, ma in concreto Netanyahu cosa dovrebbe fare? Negoziare?«Negoziare non serve a niente. Dovrebbe concedere in modo unilaterale prima la residenza, poi la cittadinanza israeliana ai palestinesi dei Territori. Non ci sarà mai una pace con trattati, firme, bandiere. Ci può essere convivenza. Basta con l’apartheid. Dobbiamo mescolarci».
L’obiettivo appare lontanissimo. Perché?«Perché Israele ha il problema opposto al resto del mondo: un eccesso di memoria. Altrove ne avete poca. Noi ne abbiamo troppa. I palestinesi passano la vita a recriminare sulla Nakba, la catastrofe, la cacciata dalla loro terra. Sognano la Eawda, il ritorno. Custodiscono le chiavi della casa del bisnonno. Chiavi che non aprono più nessuna porta. Al posto della casa del bisnonno c’è un grattacielo o un negozio della Apple. Basta!».
E gli ebrei?«È tutto un amarcord. Le guerre. I kibbutz. Le baracche in cui furono stipati i coloni. E poi, ovviamente, la Shoah».
Perché la sinistra, che governò Israele per i primi trent’anni della sua storia, non esiste più?«La sinistra è in crisi dappertutto, perché ha perso il popolo. È percepita come un’élite globale di artisti, scrittori, professori che si conoscono tra loro, si fidanzano, si invitano l’un l’altro a convegni dove esprimono giudizi sprezzanti sul resto dell’umanità».
È una percezione o una verità?«Un po’ è vero. In Israele la situazione è aggravata dal fatto che la sinistra non è riuscita a fare la pace. Anche a causa del suicidio dei palestinesi».
Suicidio?«Quando nel 1977 Sadat a sorpresa venne a Gerusalemme, chiese ad Arafat di accompagnarlo. Arafat rifiutò, e da allora ha perso tutte le occasioni. Ora i palestinesi sono drammaticamente isolati. Potevano far fiorire Gaza; ne hanno fatto un base di attacchi terroristici. Il mondo arabo non è mai stato così debole. Guerre civili. Dittature. Povertà. E gli arabi israeliani non votano. Avrebbero potuto sconfiggere Netanyahu. Sono il 24% della popolazione, ed eleggono il 4% dei parlamentari».
Netanyahu appare imbattibile. A chi assomiglia?«Non a Trump. Considero Trump un incidente della storia. Figlio dell’impazzimento di una notte. Netanyahu mi ricorda semmai Berlusconi».
Berlusconi aveva le tv.«Più ancora: Berlusconi, con i suoi limiti, sentiva il suo Paese. Adesso vi va peggio, con Salvini e i 5 Stelle».
Anche lei ha troppa memoria? Ricorda la fondazione di Israele?«Avevo undici anni e mezzo. Rimanemmo chiusi in casa per due mesi. Assediati. Gli inglesi combattevano accanto agli arabi, una loro bomba centrò la nostra casa, mio padre rimase ferito. Atrocità da entrambe le parti. Se ci avessero presi, nel migliore dei casi ci avrebbero tagliato la gola».
Come vinceste?«Eravamo meglio organizzati. E avevamo più fiducia in noi stessi. Ma ora basta con il passato».
Parliamo del futuro.«Quale futuro? Ho perso mia moglie, ho perso Amos. Non mi resta che morire anch’io».
Cosa c’è dopo?«Nulla. Per fortuna. La morte è molto importante. Un dono che facciamo ai nostri nipoti: lasciare loro spazio».