La chiave di volta anche per me è in quel periodo, sia a livello di erosione interna degli stati democratici, sia di prospettiva globale.
In Italia impazzava il berlusconismo (e non a caso il Cav si definiva liberale...), in Europa prendevano piede ipocrite "terze vie" e gli Stati Uniti reduci dagli Ottanta reganiani si trovavano alla guida il conservatore texano e guerrafondaio Bush senior.
Nel frattempo, decaduto il blocco del socialismo reale, le porte erano aperte per la globalizzazione, che da fenomeno economico si è via via trasformato in fenomeno "politico".
Da un lato, non vi è mai stato il passaggio alla globalizzazione del/dei diritto/i, dall'altro le logiche economiche (anzi, economiciste) si sono elevate a regolazione, più o meno "soft", anche dei rapporti tra individui e Stati.
Lo step successivo è arrivato a metà degli anni Duemila, quando dopo un decennio di tentativi ed elaborazioni concettuali, si è di fatto rinunciato a estendere a livello sovranazionale principi e meccanismi degli Stati nazionali. Il fallito tentativo di costituzionalizzare l'Unione Europea è stato il primo segnale di un'inversione di marcia, di abdicazione del ruolo di bilanciamento delle regole condivise in favore delle dinamiche naturali del mercato.
A quel punto prima le stesse istituzioni sovranazionali, poi di conseguenza anche gli Stati sono stati travolti nella loro capacità di orientare le politiche interne. Dai famosi "ce lo chiede l'Europa" all'attuazione di politiche necessitate dalle dinamiche capitalistiche, come la riduzione dei diritti e dei salari dei lavoratori, a fronte dei rischi di delocalizzazione da parte delle imprese e, soprattutto, da parte delle multinazionali.
In tutto ciò, quella che Peter Häberle teorizzava come cultura europea comune sottostante all'ipotesi di costruzione di una democrazia sovranazionale ha trovato attuazione uguale e contraria. Non solo le regole comuni (?) non sono mai diventate capaci a essere percepite come tali dai cittadini, ma anche quelle preesistenti a livello nazionale sono state via via erose, dalla narrazione della magistratura "comunista" e quindi di parte a quella della burocrazia che impedisce l'attuazione del volere del governante. Se nessun potere "terzo" viene più legittimato come tale, allora tutto il potere risiede nell'esecutivo, che piega e plasma le regole a propria immagine e somiglianza, per perseguire le finalità proprio o comunque quelle dettate dalle dinamiche economiche e dalle sue relazioni internazionali.
Oltre a essere governo di istanze non rientranti nel circuito democratico, sul piano istituzionale la postdemocrazia è di per sé democrazia esecutiva, che passa dalle urne in maniera sempre più formale e in esse si esaurisce. Una volta ricevuto il mandato, rispettando formalmente le procedure, quello che succede dopo è sempre più slegato dal circuito democratico e dall'accountability del governante. Quanto tutto ciò è davvero distante dalle pratiche orbaniane, per non dire putiniane?
FRANCO CARDINI: “RUSSIA? EPPURE IL VOTO LIBERO STA SPARENDO ANCHE QUI, SIAMO ALL’OLIGARCHIAFranco Cardini, storico medievista, studioso di sistemi politici, nel mondo ci sono oggi più autocrazie che democrazie…
Il voto libero sta scomparendo in tutto il mondo[1]. Ci sono forme nuove, diciamo. Ma la semplificazione per cui Putin è un autocrate e qui è il paradiso delle libertà è una mistificazione[2].
Partiamo dai distinguo dell’Occidente su autocrazie amiche e nemiche. L’Egitto per la premier Meloni va bene, la Russia no.
Quali elementi costituzionali portano Meloni a stabilire che l’Egitto di Al Sisi vada bene e la Russia di Putin no?
L’invasione di un paese sovrano?
Anche l’America ha più volte invaso e attaccato paesi sovrani, ma siamo rimasti amici di Washington. Le democrazie liberali nella storia spesso sono state aggressori di altri Stati. Mi devono spiegare anche perché la non soluzione del caso Regeni va bene e la non soluzione del caso Navalny non va bene. Il punto è che siamo nel blocco NATO, completamente allineati agli Stati Uniti. Il resto sono davvero chiacchiere difficilmente sostenibili.
Non vorrà dire che le democrazie occidentali siano uguali alla Russia?
Le nostre democrazie sono zoppicanti, ma mica da ora. Nelle nazioni occidentali più della metà delle persone non va più a votare. Certo che la Russia, che definirei democrazia autoritaria e non autocrazia, è caratterizzata da restrizioni nell’esercizio del potere democratico. Ma anche qui dalle nostre parti il meccanismo di scelte, seppur quantitativamente più largo, è sempre più qualitativamente ristretto. Sono delle oligarchie che scelgono i candidati. E spesso “al ribasso”, privilegiando persone poco colte, poco capaci, poco preparate, spesso poco oneste, ma per questo più inclini ad agire da yes men e magari più facilmente corruttibili e ricattabili
Ma abbiamo ancora un sistema con più partiti. In Russia c’è di fatto il partito unico, no?
In Russia, Putin e pochi sodali disegnano la Duma. Da noi è maggiore il numero dei partiti, ma siamo sempre di fronte a piccole élites con poche unità dirigenziali che scelgono i componenti delle liste, quindi i candidati. E la sostanza, in presenza di un’astensione sempre più elevata, è quella di oligarchie che sono solo apparentemente alternative.
Be’, nei nostri sistemi il potere è contendibile. O no?
Da noi i partiti e i loro rappresentanti sono formalmente più liberi. Ma la sovranità è limitata, questo è evidente. In politica estera e in economia ci sono tutte queste differenze fra destra e sinistra? Direi proprio di no. E questo è determinato anche dal fatto che ospitiamo circa 120 basi americane sul nostro suolo [negli ultimi anni la presenza militare degli americani in Italia è aumentata. Nel 2013, le basi con presenza Usa in Italia erano 59, adesso – secondo alcuni osservatori qualificati – sono salite a circa 120, più altre che si ritiene siano tenute segrete per motivi di sicurezza. Non tutte sono basi Nato, ci sono quattro tipi di strutture diverse: quelle concesse agli Stati Uniti in base a due accordi firmati negli anni Cinquanta, che rimangono sotto comando italiano mentre gli Stati Uniti detengono il controllo militare su equipaggiamento e operazioni; le basi Nato propriamente dette (quindi con una propria catena di comando); le basi italiane messe a disposizione della Nato in base agli accordi dell’Alleanza atlantica e le basi condivise da Italia, Stati Uniti e Nato][3]. C’è una differenza fra paese legale e paese reale, fra alto e basso: il basso è la metà di cittadini che non si riconosce nel sistema e non va a votare. Ma a governare e decidere, per conto di qualcun altro, sono le oligarchie. Ad esempio l’Occidente esita a condannare Israele, che dell’Occidente fa parte, su quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza. Eppure per Putin è stato oggetto di un mandato di arresto internazionale per molto meno di quanto sta facendo Netanyahu ai palestinesi.
Non si può sostenere, però, che in paesi come Russia o Cina sia consentito il dissenso, mentre da noi lo è.
Noi siamo più vicini a loro di quanto si pensi anche da questo punto di vista. E sarà sempre peggio. Quello che mi rifiuto di fare è tirare una linea tra libere democrazie e tirannide, perché non è così[4].
Può paragonare mai i nostri Parlamenti a quelli di Russia e Cina?
Soprattutto in Cina in Parlamento, le posso assicurare, finiscono persone ultracompetenti e preparate. Con grandi specializzazioni tecnologiche e organizzative. Quindi dal punto di vista qualitativo non c’è partita. Poi mi può fare un discorso di uniformità politica al proprio governo. Ma come dicevo prima poi, anche da noi, rispetto alle grandi scelte di politica internazionale o di sistemi economici, l’uniformità emerge eccome, la scarsa qualità non è affatto compensata quindi da una quantità di punti di vista che compare solo prima delle elezioni e poi svanisce[5].
(il Fatto Quotidiano, 22 marzo 2024)https://www.francocardini.it/minima-cardiniana-460-3/