io invece vado sul personale, mi scuso quindi.
la regina l'ho vista e questo ricordo mi è sempre venuto su come una sorta di bolla irreale.
ero ragazzina, era un anno terribile per il luogo in cui vivevo, come l'anno prima, quello ancora prima e per tanti anni ancora a venire. niente era associabile alla leggerezza, l'atmosfera era cupa, i morti ammazzati si avvicinavano pericolosamente al numero 1000 di proverbiale memoria, le serate un eterno coprifuoco. si viveva certo, non la voglio fare drammatica, era pur sempre la mia normalità, noi adolescenti andavamo a scuola, avevamo le nostre amicizie, si faceva sport, le festicciole. ma il bollettino quotidiano, questa surreale alternanza tra ammazzati "uomini di panza" e servitori dello Stato, ci accompagnava perennemente. e si respirava. e si vedeva il sangue.
e così in questo luogo, dimenticato dallo Stato, dall'opinione pubblica, persino da noi stessi, nessuno arrivava. nessuno di speciale, nessun turista, nessun imprenditore. figurarsi i vip. le uniche persone famose che avevo visto erano politici, segretari di partito, alle manifestazioni sindacali o quelle per commemorare i morti trucidati.
quando si seppe che sarebbe venuta la regina Elisabetta in città, sembrò la cosa più assurda del mondo, quasi da ridere. ma ti pare mai possibile, qui? mio padre mi portò a vederla, lì davanti all'Extra Bar, in via Ruggero Settimo, il salotto buono. di solito mi portava con lui alle manifestazioni, questa volta c'era qualcosa di leggero a cui assistere. mi misi dietro una transenna, o forse una paratia pubblicitaria, in prima fila perché sì c'era tanta gente ma poi non così tanta e lei passò con la Rolls Royce. a un metro da me, io sorrisi, incredula e imbarazzata, lei mi sorrise, certo che sorrise proprio a me, i suoi occhi guardarono proprio i miei, ero lì davanti e poi lo ricordo così. aveva un cappellino giallo oro.
e poi si tornò alle proprie case.