Forse l'oggetto della discussione va spostato, altrimenti ci giriamo intorno.
La mia opinione e' la seguente, e la scrivo perche' non mi sembra ce ne sia ancora una versione in questo topic.
Il femminicidio, la violenza sulle donne, e' un punto, verso l'estremita', di una retta che include tutti i comportamenti che gli uomini tengono verso le donne. Un continuum. Cosi' come la sessualita', che e' una retta che vede il piu' etero degli uoini a un'estremita', la piu' etero delle donne all'altra, e tutto il resto in mezzo. Un continuum, dunque, di cui faccio parte, in cui io sono un punto, da qualche parte. Su questa retta, ad un estremo c'e' Gandhi (per dire) e all'altro questo assassino, da qualche parte verso la fine.
L'atteggiamento verso le donne fa parte della cultura di un popolo. Io e voi partecipiamo alla creazione di questa cultura. Con sguardi, frasi, toni e atteggiamenti. Che e' molto meglio che dare fuoco ad una ragazza, ma noi ci troviamo sulla retta di questo continuum, la stessa di questo ragazzo. Fino al giorno in cui saremo tutti allo stesso punto, l'estremo del rispetto e dell'uguaglianza nelle aspettative, nelle opportunita', nel rapporto di lavoro, nella paga, nei lavori di casa, nei commenti su facebook, nella considerazione di un candidato ad una elezione locale o nazionale, noi tutti contribuiremo alla cultura che ha dato fuoco a questa ragazza (cosi' come, fra parentesi, contribuiamo alla cultura che ha impedito ai passanti di intervenire).
Quindi non abbiamo alcun diritto di condannare. Certo, siamo in una posizione in cui e' legittimo da parte nostra sottolineare l'orrore del fatto. Ma, a mio modesto avviso, come parte attiva nella creazione di questa cultura, dovremmo fermarci li'. Altrimenti ci stiamo autoassolvendo troppo facilmente, utilizzando la distanza fra il nostro punto sulla retta e quello di questo ragazzo come una scusa, mentre dovremmo concentrarci sul fatto che siamo visibili l'uno agli altri.