Con tutto il rispetto, a me non piace proprio la metafora della battaglia. La trovo sbagliata. Non è una battaglia. Chi non ce la fa non merita pure l'appellativo di perdente. D'altro canto chi ce la fa non è più forte o più coraggioso, ma deve l'esito ad una buona fibra ed alla cura giusta, oltre che alla fortuna di aver preso per tempo la malattia.
Chi affronta questa battaglia meriterebbe sempre di vincere, eppure spesso non succede.
Formalmente non ti piace ma la usi nell'ultima frase.
Invece, devo dire, a me piace. Anche se ce ne sarebbero anche altre, forse più calzanti.
Non é una questione medica, non me ne intendo.
Purtroppo non é una competizione sportiva dove a un vincitore corrisponde un perdente.
Chi non ce la fa non merita di essere chiamato perdente, ci mancherebbe altro.
Mia mamma ha perso la sua battaglia 30 giorni fa.
Anche perché non ha vinto nessuno. O, se vogliamo, ha vinto
lui ma insomma, é una questione di lana caprina. A volte la "battaglia" (ognuno la definisca come vuole facciamo a capirci...
) é più forte di noi, dei medici, della sorte, della scienza e di quello che volete e quindi non se ne viene a capo.
Non c'é una classifica.
Ma a me piace anche la retorica dell'esempio. E credo che Nadia Toffa, anche se non sono un amante della trasmissione che presentava, ha offerto un immagine coerente della malattia, del suo percorso e della sua evoluzione che, penso, possa aver aiutato altre persone. Che magari vinceranno.
Anche solo con il sorriso. Io credo conti. Intendiamoci, sempre meno importante del lavoro di ricerca, di sviluppo delle terapie e di tutto quello che poi, nelle corsie d'ospedale concorre a portare le persone "in remissione".
Per questo ho scritto che meritava di vincere.
Come tutti, in fondo, é evidente.
Mi piace la retorica dell'ottimismo quando é strettamente legata alla scienza medica e al valore di chi, in camice bianco, ti ha messo una mano sulla spalla e ti ha detto "ce ne occupiamo noi".
Ecco, questo volevo dire.
A volte non basta, e non é mancanza di merito.