http://www.odysseo.it/tra-scienza-e-opinione/
che ne pensi fat (NON sono polemico)?
Penso che non discuto la validità del Musarò biotecnologo, ma la sua ricostruzione è totalmente smentibile su un piano storico ed è esattamente la visione "ideologica" del metodo che io critico.
Non il metodo, ma proprio questa lettura.
Nel dettaglio sottolineo non le legittime vedute differenti, ma gli errori palesi:
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è un errore palese dire che con la rivoluzione scientifica si passa dal pensiero dogmatico a quello razionale.
E' dipingere la storia della conoscenza umana con un passaggio lineare religione-scienza che è semplicemente falso. Una fake news che inganna ci ci crede alla pari delle scie chimiche.
Aristotele è il padre della Logica occidentale. Il pensiero aristotelico è il trionfo della razionalità.
Di dogmatico in aristotele (e in quel che segue ad esso) non c'è nulla e non a caso è considerato una sorta di avo degli scienziati moderni.
E' grazie ad Aristotele che Leonardo da Vinci svilupperà un metodo estremamente prossimo a quello galileiano.
Ed è proprio la radice aristotelica, sviluppata nei secoli, che fonda il legame tra filosofia e scienza come metodi del sapere umano.
Tutte le religioni monoteiste sono state profondamente segnate dall'incontro con l'aristotelismo passando da una lettura dogmatica delle scritture ad una razionale (ossia che le interpreta e le spiega con categorie razionali e non attraverso la semplice affermazione del dogma): scolastica nel cristianesimo, Maimonide nell'ebraismo (in contrasto con il misticismo), Avicenna e Averroè nell'Islam. Soprattutto ai filosofi islamici dobbiamo la continuità del pensiero razionale quando nel cristianesimo si ebbe una riaffermazione del dogmatismo.
Non posso dilungarmi perché già scriverò molto, ma questo excursus vuole dimostrare come la lettura che invece propone lo scrivente è fortemente segnata e per niente oggettivo-descrittiva.
Non semplifica per comodità, ma per rendere valido un discorso altrimenti falso se si guarda alla storia anche solo del mediterraneo.
E, come sempre accade, le posizioni scientiste si sposano con quelle eurocentriche: dire che in quell'epoca dominava il dogmatismo senza specificare che il discorso è relativo all'Europa è esattamente l'errore di chi fa un tutt'uno della nostra civiltà (e della sua evoluzione) con LA civiltà.
Circostanziare invece i fenomeni li relativizza e mostra tutt'altra modalità di evoluzione, non lineare, della conoscenza umana. In cui non c'è un passaggio da A a B, ma in cui A e B si intrecciano, si alternano, si mescolano, si scindono.
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il metodo scientifico non si afferma con Galilei. Questa è una falsità storica dovuta alla nostra ricostruzione ex post.
NOI, per il ruolo che oggi ha il metodo scientifico, lo facciamo risalire a Galileo. Ma fino al trionfo dei Lumi (di cui il pensiero di Kant è espressione più nota) il metodo scientifico, come in passato, resta uno dei tanti metodi di conoscenza umana. E' l'effetto dirompente dei Lumi (quindi circa CENTO anni dopo) che ha risignificato e rivalorizzato il metodo galileiano.
Il rovesciare il significato dei fenomeni tramite la lettura ex post è un fenomeno classico della storia.
Niente di scandaloso, ma occorre sapere che esattamente questo è avvenuto per non dire castronerie come Musarò.
Se tra cento anni si affermasse il comunismo tra trecento anni ricorderebbero Marx come il padre del mondo nuovo e la nostra epoca sarebbe risignificata come piccola parentesi tra la vita dell'autore maximo e la sua affermazione. Il tempo storico muta col significato che gli si assegna.
La lettura ideologica del metodo scientifico sembra non averne la minima idea.
- nulla da dire sull'elenco degli straordinari successi della scienza, ma
è evidente la visione cumulativa della stessa, come se fosse una strada che ci innalza linearmente verso la verità, quando invece la storia del sapere umano ci dice tutt'altro. Ci dice che da sempre, con e senza il metodo scientifico, il nostro sapere ha fatto scatti, retromarce, ha aperto nuove strade e le ha richiuse, ha ripreso strade un tempo abbandonate. Anche su questo forte è la matrice ideologica, scarsissima l'effettiva rispondenza storica.
- Le conclusioni a cui quindi arriva l'autore dell'articolo sono delle ovvie conseguenze di questo discorso fortemente segnato (da dogmi, oserei dire). Razionale nella sua logica, ma dogmatico nei contenuti. Che finisce, esattamente come denunciano gli articoli che ho postato tanto criticati, semplicemente per voler riaffermare un'autorità in discussione.
Come se il gap gerarchico col prete, il carabiniere e il medico fosse una cosa buona e giusta messa in crisi da questi ignoranti tempi moderni.
Ed è proprio qui che si vede come la scienza, cosa denunciata già da illustri pensatori fin dai tempi di Nietzsche, ha esaurito da un bel po' la sua carica liberatrice (dal dogma religioso) ed è divenuta strumento dello status quo, del dato.
Citando Marcuse:
"
Nel periodo attuale della civiltà le idee progressiste del razionalismo possono venir riprese soltanto dopo essere state riformulate. La funzione della scienza e della religione è cambiata - e cambiata è anche la loro correlazione. Entro i limiti della mobilitazione totale dell'uomo e della natura, che distingue questo periodo, la scienza è uno degli strumenti più distruttivi - distrugge quella libertà dalla paura che un tempo essa prometteva. Ora che questa promessa è svaporata ed è diventata utopia, "scientifico" diventa quasi sinonimo di rinuncia al concetto di un paradiso terrestre. Da lungo tempo l'impostazione scientifica ha cessato di essere l'antagonista militante della religione, ed anche quest'ultima a sua volta si è sbarazzata dei propri elementi esplosivi, e in molti casi ha abituato gli uomini a conservare una buona coscienza davanti alla sofferenza e alla colpa. Nell'economia della cultura, le funzioni della scienza e della religione tendono a diventare complementari; nelle loro applicazioni attuali, tutte e due negano le speranze che in altri tempi fecero sorgere, e insegnano all'umanità ad apprezzare i risultati di un mondo alienato".
Questo veniva scritto nel 1955, il problema è noto a taluni pensatori da un bel po'.
E direi che soprattutto l'ultimissima frase si adatta perfettamente all'articolo postato, pur venendo scritta settant'anni prima.