Secondo me il tuo discorso tende a cristallizzare il problema e non ad affrontarlo. Se contano solo gli effetti allora vale tutto.
Non sono d'accordo quando dici che le prospettive di una donna sono diverse. Io non mi sento diverso da una donna. Anche un uomo può essere sensibile alle discriminazioni nei confronti delle donne, e una donna lottare per difendere un modello di società patriarcale. Anche un uomo può trovare molesto essere toccato da una persona. Ed esistono donne che toccano. Ed esistono donne a cui non dà fastidio essere toccate. Ora, senza fare a gara a chi tocca di più, qui si parla della sensibilità di Massey-Ellis, non in quanto donna ma essere umano. È lei, o la giornalista, ad attribuire un significato maschilista al gesto di Aguero (io l'avrei punito Aguero, ma appunto: non perché ha toccato una donna, perché ha toccato un arbitro).
Dico che vale tutto perché la società, o un'organizzazione, non possono basarsi sulle reazioni soggettive. Il che non vuol dire non ascoltare chi si sente offeso. Anzi, bisogna dare aiuto e strumenti a queste persone. In alcuni casi è la persona che si sente vittima a non sapere di avere dentro di sé gli strumenti.
Non ha senso per me sostenere che Massey-Ellis sia stata molestata poiché lei si sente tale, o poiché è donna.
Per non avere più commenti beceri e sessisti come quelli fatti al tweet della giornalista, o meglio, per non avere più persone che la pensino in quel modo, secondo me sarebbe utile partire da episodi veri di molestie o discriminazioni, se ne trovano ancora in grande quantità, specialmente in un mondo molto maschilista come quello del pallone.
(non ho ancora capito che ha fatto di male Paris, che è la vittima principale di questa megadiscussione saltellante da un topic all'altro)
Il tuo post mi risulta davvero disarmante, perché ti conosco come persona intelligente (qui sopra, fuori non ti conosco)
Io, che sono modesto, a differenza della giornalista, che invece in quanto donna e' "
entitled" (
"they just don't get it", dice lei) dico che non mi sono spiegato bene.
La tua premessa e' di una inutilità, appunto, disarmante. A cosa serve dire l'ovvio, e cioè che può esserci un uomo più femminista di molte donne e donne meno femministe di tanti uomini?
Dire che le prospettive di una donna non sono diverse da quelle di un uomo e' una aberrazione sconvolgente. Non si dice che le prospettive di TUTTE le donne sono differenti dalle prospettive di TUTTI gli uomini, ma l'argomento si smonta con grandissima facilita'. L'abbraccio che offre el Kun alla guardalinee; quanti uomini sono stati stuprati in circostanze che sono iniziate con lo stesso gesto, e quante donne? Il numero, secondo te. Non considerazioni. Il numero.
Davvero una donna che gira da sola la sera ha prospettive identiche a quelle di un uomo che gira solo la sera? Ma davvero il fatto che ce lo dicano loro (si lo so, non tutte) non basta ad accettarlo? Decidiamo sempre e comunque noi?
Il post di Paris neanche me lo ricordo, anche se mi ricordo la reazione che ha generato in me, ma non e' quello il punto, tanto che anch'io ho già detto di essere stato colpevole della stessa cosa. Non e' che io sono bravo e Paris no, o che il Kun non sia un ragazzo d'oro. Dico solo che bisogna sottolineare gesti e comportamenti che continuano ad affermare la posizione dominante dell'uomo sulla donna anche se solo in espressioni formali e all'apparenza di natura soltanto lessicale, soprattutto quando lo si fa notare, senza difendere strenuamente la posizione che e' sempre stata dominante, cioè quella dell'uomo bianco eterosessuale.
Io, per esempio, che lavoro in Inglese o in Francese, mi chiedo sempre perché i non-native europei (come me) quando parlano di posizioni di potere o di prestigio (nel mio caso, per esempio, in campo medico o politico) si riferiscano sempre a questa persona ipotetica come "lui". Mai "lei".*
In America si era iniziato con l'uso opposto e altrettanto sgradevole** di "lei" in tutte le circostanze in cui il genere della persona in questione non fosse dichiarato. Per esempio il Direttore dell'Ospedale, il Patologo, il Ministro della Salute, noi tendiamo a definirli cosi', al maschile, in situazioni ipotetiche .(Es, se no poi si deve ricominciare. Io racconto a qualcuno che domani vado in ospedale a farmi vedere, e dico
certo che faccio se il dottore mi dice che devo ricoverarmi? Nessuno dice
certo che faccio se la dottoressa dice che devo ricoverarmi? La cosa peggiora quando si parla di potere). Questa tendenza opposta (usare "lei") sta svanendo anche in America sotto i colpi dei gruppi LGBQT e gli indirizzi all'identificazione di gender come "they", con l'uso del "they" al singolare. In molte firme di email di colleghi americani ora si aggiunge dopo il nome
Xxxxx Yyyyyy
pronouns: She/Her/Hers (
Why I share my pronouns) .
Uno dice ma queste so' cazzate, se io parlo di un ipotetico ministro o di una ipotetica ministra che cambia? Invece cambia, e questo in molti fanno fatica ad accettarlo (they just don't get it: ce lo stanno dicendo. Smettiamo di difenderci e adattiamo anche il modo in cui parliamo alle nuove, sacrosante dinamiche).
*VI prego non insultatemi dicendo ah ma io ho parlato co mi cognata che e' oncologa e a lei nojene frega niente, dicessero come je pare. Non e' questo il punto.
**Non mi era sgradevole come concetto, ma non ce la facevo proprio perché mi risultava una forzatura grottesca.