Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #300 il: 09 Apr 2020, 09:40 »
Il ritiro di Sanders e' dovuto anche al fatto che non ha sfondato tra gli elettori afroamericani e le classi lavoratrici meno privilegiate (veti Michigan che ha votato nettamente per Biden). Ripensare la sinistra e non restare ancorati a vecchi schemi e' sempre piu' necessario

Totalmente d'accordo.

Offline pentiux

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #301 il: 09 Apr 2020, 10:14 »
Però bisogna anche prendere atto della situazione.
Non ho dubbi che Sanders sarebbe stata una candidatura estremamente più auspicabile rispetto a Biden, soprattutto per gli americani. Non ho dubbi che medicare for all fosse un tema assolutamente importante e che sarebbe dovuto essere condiviso dalla parte di popolazione che invece ha deciso di votare Trump o Biden.
Ma Sanders non ce l'ha fatta neanche ad arrivare in nomination, non ha sfondato, non ha convinto, non ha dato soluzioni in grado di persuadere veramente la maggior parte dell'elettorato.
E non si può dire che non sia stato in grado di farlo perché non gli sono stati dati gli spazi di comunicazione per spiegare agli elettori il suo progetto. Ha avuto enormi spazi, lo hanno ascoltato, lo hanno capito, ha convinto meno persone di quante ne abbia convinte Biden, probabilmente avrebbe convinto meno persone di quante ne avrebbe convinte Trump.
Perché gli elettori non sono solo "i compagni americani", i quali sono una bella e ininfluente nicchia dell'elettorato.
Mi fa piacere? Assolutamente no, ma fare lo struzzo non serve.
Ora, mi sarò anche fatto convincere dalla propaganda contro i "vecchi schemi", come dice FD. Ma visto che ogni tentativo di ripresentare quei vecchi schemi da molti anni a questa parte finisce regolarmente male, magari con qualche piccola vittoria locale trasformatasi presto in debacle, forse non fosse altro che per convenienza politica sarebbe il caso di pensare ad altro, di pensare oltre.
I "vecchi schemi" vanno benissimo nel personale, vanno benissimo nel comunitario, vanno benissimo nella prossimità. Ma non convincono l'elettorato.
Ora rimane la possibilità di farci crescere la barba ed imbarcarci sulla Granma, o iniziare ad evolverci veramente. Anche per non lasciare i "nuovi schemi" in mano ai vari Biden.

Offline FatDanny

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #302 il: 09 Apr 2020, 11:40 »
Veramente dire che Sanders non ha convinto è leggermente semplificatorio.
Dirai pure che non ti fa piacere, ma il senso di tutto il resto del post invece sembra un discorso già pronto che finalmente può essere fatto.

Se andiamo a vedere la crescita negli ultimi anni della frazione politica di Sanders tutto si può dire tranne che non stia convincendo. O che non sia in enorme crescita. E sottolineo enorme.
Come militanti e come attenzione pubblica.
Otto anni fa non avrebbe minimamente preoccupato l'estabishment democratica, a sto giro hanno dovuto fare un'enorme accordo (con Obama a tirare le fila) per evitare che fosse nominato.
Il mancato endorsment di Warren, l'immediato ritiro di tutti gli altri candidati qualcosa dovrebbero dirci se non vogliamo fare un'analisi semplificatoria tanto per poterci finalmente dire che la sinistra socialdemocratica non funziona (visto che Sanders, proposte alla mano, esattamente questo è, altro che Granma).

Certo se poi ci aspettavamo che nel giro di due anni passavamo da Clinton a Lenin forse il problema erano le aspettative di partenza. O se pensiamo che un progetto politico possa dirsi riuscito o fallito in due anni forse il problema siamo noi.
Prova a dire direttamente quel che riterresti migliore, cosa che in molti casi io ancora non ho capito.
Perché, almeno stando agli ultimi vent'anni, i famosi "nuovi schemi" a forza di prendere atto della situazione nient'altro erano e sono che accordi al ribasso di un moderatismo sfrenato che hanno portato solo a delusione dell'elettorato e crescita delle destre.
Poi se invece ci sono nuovi schemi a me ignoti prego di potarli alla discussione, hai visto mai, ne sarei contentissimo. A me pare che dietro il discorso su vecchi e nuovi schemi ci sia in realtà questo:



La cosa bella è che il progetto di sanders non è il MIO progetto.
Io sono uno convinto che le elezioni servono a molto poco, che questo Stato si abbatte non si cambia dall'interno, che un mondo migliore viene dalla rivolta, non dalle riforme.
Dovemo da daje foco, altro che votare.
Eppure, proprio perché la politica non si può fare nel personale, nel proprio recintino, medio con il possibile e una visione socialdemocratica che magari può parlare oggi a numeri singificativi e dico "vabbé, speriamo almeno in questo".
So che una volta al governo imploderebbe sotto il peso delle contraddizioni capitaliste, ma concretamente sarebbe un avanzamento quindi daje!

Oggi scopriamo che manco questa va bene!
Anzi ormai, viste le tue parole, l'opzione socialdemocratica è praticamente sinonimo di radical-rivoluzionaria! La Granma, i barbudos!
Più che concentrarmi sui vecchi schemi mi concentrerei su quel che ha prodotto questo modo di ragionare, il prendere atto, il progressivo scivolamento a destra, l'arrivare a considerare sanders un Fidel invece che un Occhetto (qual'è, manco a Berlinguer possiamo arrivare)

Poi oh, se avete in mente questa evoluzione rispetto a rivendicazioni quali la sanità pubblica o l'assistenza sociale (sanders parla di questo, mica di socializzare i mezzi di produzione) PARLATE.
Dite in che direzione dovrebbe darsi, qua siamo tutte orecchie.
Io so solo che da Trotskij e Guevara mi accontento di Occhetto, non me pare di essere rigidamente piantato sulle mie convinzioni, il problema è che la vostra proposta di "nuovi schemi" è generica perché non ha il coraggio di proporre l'ennesimo scivolamento a destra.

A me va benissimo dire che Sanders non funziona, mi conferma il mio, questo si, vecchio schema.
Tocca aspettà le piazze e cambiare dalle barricate, perché se aspettiamo il passaggio elettorale e una presa di coscienza interna al sistema politico vigente, la cui egemonia non è in discussione né può esserlo, stamo freschi.

Lo stato borghese si abbatte, non si cambia (supercit)
el pueblo armado jamas sera aplastado (supercit 2)

Offline pentiux

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #303 il: 09 Apr 2020, 13:44 »
No guarda, a me non ha fatto piacere. E se fossi stato negli USA avrei fatto campagna attiva per Sanders, ti dirò ci ho pure sperato visto che per me in un sistema come quello statunitense, con tutte le differenze del caso rispetto all'Europa, è e rimane la migliore posizione auspicabile ma proprio in assoluto. Sentimpò che ti vengo a dire.
Buona rivoluzione comunque. Quando ci saranno le barricate contrapposte credo saremo pure dalla stessa parte, ma oggi non ne vedo.

P.S. No, non ho una proposta alternativa credibile, ma non credo manco che fa i rivoluzionari dagli slogan altisonanti sia un buon metodo per trovare una sinistra degna di questo nome nel 2020 che possa avere una vita oltre gli slogan stessi.
Spero di sbagliarmi (supercit 3)

Offline FatDanny

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #304 il: 09 Apr 2020, 13:53 »
non lo metto in dubbio, sto però dicendo che il resto del discorso sembra percorrere un solco già ampiamente segnato e percorso.

E se volevo fare il rivoluzionario a slogan dicevo "governo operaio! banca unica di stato! Nazionalizzazioni di massa!" come il PCL. Invece mi sembra di dire medicare e welfare per tutti.
Meno di questo non è adottare "nuovi schemi", è snaturarsi politicamente.
E allora preferisco restare senza soggetto politico di riferimento, non è certo la novità del momento post-sanders. Ma almeno la bussola personale la preservo.

Offline pentiux

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #305 il: 09 Apr 2020, 14:16 »
Il solco è già ampiamente segnato e percorso perché la storia recente dice esattamente quello. E non volerlo vedere è miope.
Io ci sto a posizionarmi su medicare for all e welfare per tutti, figuriamoci. E' esattamente la posizione di Sanders, insieme alla dichiarazione che sarà scontata ma condivido di voler lavorare con Biden per sconfiggere Trump.
Se invece la tua posizione è "sconfitto Sanders, bisogna impiccare Biden e squartare chi lo vota" fai pure. Certo non porta molti consensi a quella che anche tu consideri "sinistra", ma almeno la bussola personale è salva.
Magra consolazione per me, ma rimangono giudizi personali.

Offline FatDanny

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #306 il: 09 Apr 2020, 14:41 »
non volerlo vedere è miope, come lo sarebbe giudicare la gestione di Lotito deludente basandosi unicamente sul fatto che non è tornato a vincere lo scudetto come Cragnotti.
Il PCI non ha vinto le elezioni per TRENT'ANNI (tolgo il disastro degli ultimi 10) e non ha mai fatto l'analisi che si leggono su Corbyn dopo quasi un decimo del tempo. O su Sanders oggi.

Evidentemente i criteri di giudizio erano diversi. Mi sorge quindi il dubbio che il problema non sia il risultato, ma gli occhi con cui lo leggiamo oggi, riducendo la politica ad una partita.
O vinci o perdi, il bilancio si fa così. Ma forse la politica è qualcosa di diverso da un concorso a premi.
Non saranno quindi proprio i "nuovi schemi" e il modo attuale di guardare alla politica il problema?

Io, facendo il paragone tra i due modi, mi tengo stretto quello vecchio e non per nostalgia, ma proprio per deliberata scelta basata su ciò che ritengo più politicamente utile.
Preferisco un modo che misura l'efficacia con le forze sociali che riesci a coinvolgere, chiedendosi se l'azione politica ha allargato il raggio o l'ha ristretto, se ha accumulato forze o le ha disperse.
Siamo cresciuti, siamo quelli di prima o addirittura meno? Facciamo più o meno paura di ieri?
E rispondendosi a queste domande il giudizio su Sanders diventa opposto a quello che proponi tu o gli amici moderati telavevodettisti

Magari è una magra consolazione. Magari invece è esattamente quel che manca alla politica di sinistra oggi per ritrovare uno straccio di modo di fare sensato, badando alla costruzione politica e non alla fottutissima partita elettorale.
Perché sai, il punto non è sottovalutare la possibilità/necessità di vincere, della serie "sticazzi che perdiamo sempre" come macchiettisticamente ha sempre descritto la destra.
Più semplicemente proprio perché non si tratta di un concorso, ma di qualcosa notevolmente più complesso, per vincere ci vuole qualcosa di più che arrivare primi. Anzi capace pure che una volta ti capita (tsipras) ma siccome non avevi ancora i suddetti presupposti fai un tonfo epico.
E quindi devi avere la lenta impazienza di saperlo costruire, sedimentare, mettere in cascina.
Cioè il percorso che ho visto fare a Sanders in questi anni, altro che prendere atto della situazione.

Se demolisci ogni volta che arrivi dodicesimo senza tener conto di quanto sto dicendo magari ti senti tanto al passo coi tempi e connesso con il mondo d'oggi, con il modo di intendere oggi la politica (o il calcio?), ma in realtà ne stai solo replicando i principali vizi di superficialità.

E mi sembra che Corbyn, nel suo ultimo messaggio da segretario, abbia detto esattamente questo.
Tiè guarda te quanto faccio il radicale estremista che tiene solo alle sue convinzioni, prendo Sanders e Corbyn a riferimento, perché nonostante siano moderati almeno dimostrano di aver ancora presente qual'è la bussola che mantiene un senso alla parola Politica.

Offline pentiux

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #307 il: 09 Apr 2020, 15:13 »
Tiè guarda te quanto faccio il radicale estremista che tiene solo alle sue convinzioni, prendo Sanders e Corbyn a riferimento, perché nonostante siano moderati almeno dimostrano di aver ancora presente qual'è la bussola che mantiene un senso alla parola Politica.
Sanders lo prendo a riferimento molto volentieri, nonostante l'età che è un serio problema per dirla come Peppino Caldarola. Corbyn molto ma molto meno, visto il disastro politico che ha creato e che rischia di affossare per lungo tempo qualsiasi posizione leggermente meno moderata in UK.
Sanders però voterà Biden ed inviterà i suoi a farlo.

Io non dico di demolire ogni volta che arriviamo dodicesimi, viva Lotito e viva Tare. Ma la politica non è la gestione di una azienda, fosse anche un azienda con dei tifosi appassionati: in politica te demoliscono se arrivi dodicesimo, e se non cambi diventi una splendida realtà del calcio minore.

Comunque accanno qui. Come spesso accade, ci ripetiamo e questo non fa bene a nessuna discussione.

Offline FatDanny

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #308 il: 24 Apr 2020, 08:56 »
Quanto avvenuto a repubblica (non da ieri, ma in termini di parabola) non spiega tutto, ma spiega tanto sulla degenerazione dell'elettorato di sinistra italiano.

Offline mr_steed

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #309 il: 30 Apr 2020, 20:35 »
Posto qui e non nel topic sul coronavirus perché si parla di "politica"... anzi, in tal caso trattasi soprattutto di "miseria italiana" piuttosto che di politica o di sinistra, dato che Renzi poco c'entra con la sinistra e anche con la politica dopo questa sparata mi auguro abbia concluso...  e pensare che c'è ancora chi lo reputa intelligente: ma come si fa a dire in parlamento una porcata del genere?


Coronavirus, da bergamasco dico a Renzi: si vergogni. E chieda scusa


https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/04/30/coronavirus-bergamo-renzi-chieda-scusa/5787832/

un estratto:

Eppure Matteo Renzi oggi in Parlamento, simbolo della nostra vita democratica, è riuscito a dire: “Il coronavirus è una bestia terribile che ha fatto 30mila morti nel modo più vigliacco. Ma noi non siamo dalla parte del coronavirus quando diciamo di riaprire. Onoriamo quei morti. La gente di Bergamo e Brescia che non c’è più, se potesse parlare ci direbbe di riaprire”.

Non credo ci sia bisogno di commenti. Spero solo che un parlamentare, un rappresentante degli italiani, non arrivi mai più a spingersi tanto in basso solo per raggranellare un pezzetto di consenso in più. Renzi, si vergogni. E chieda scusa. Chieda scusa ai parenti delle vittime, se ne è capace.
Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #310 il: 30 Apr 2020, 21:37 »
In soldoni Renzi come Tare?
Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #311 il: 02 Lug 2020, 10:47 »
Calenda mi sta sul cazzo per una serie di ragioni, ma oggettivamente dice alcune cose molto vere che no dice nessun altro.
Una di queste è: possibile che i decreti sull'immigrazione Minniti-Salvini sono ancora là?
Il pd ogni santo giorno sui social fa questi bellissimi post antirazzisti sul caporalato, sull'accoglienza, sull'integrazione, e poi non hanno mosso mezzo dito per cambiare delle leggi oggettivamente razziste?
Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #312 il: 11 Lug 2020, 09:32 »
Pandemic speeds largest test yet of universal basic income

https://www.nature.com/articles/d41586-020-01993-3

secondo me lo ubi dovrebbe essere piu' o meno la pietra angolare del futuro dell'umanita'

Offline FatDanny

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #313 il: 24 Lug 2020, 14:49 »

Offline FatDanny

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #314 il: 25 Lug 2020, 08:51 »
Riporto un'interessante lettura di un articolo di Giovanni Arrighi, ex direttore del dipartimento di sociologia della John Hopkins, che mi è capitato di fare ieri.

Fondamentalmente Arrighi collegava le principali polarizzazioni politiche della democrazia liberale al posizionamento rispetto alla competizione economica internazionale:

- i settori a più alta produttività svilupperanno una tensione politica alla dimensione sovranazionale, alla concorrenza, al decentramento produttivo, ad un miglioramento delle condizioni lavorative mirato ad una bassa conflittualità con il mondo del lavoro perché queste condizioni avvantaggiano la compensazione della caduta del saggio di profitto con un'estensione della domanda. Oggi li identificheremmo politicamente col PD.

- i settori a bassa produttività svilupperanno invece una tensione protezionistica, volta a difendere i loro già bassi margini che in uno scenario internazionale diviene vera e propria lotta per la sopravvivenza, una riaffermazione della necessaria dimensione nazionale, della compressione salariale, della repressione di eventuali tensioni sociali, perché i salari bassi e l'alleggerimento fiscale, in uno scenario di bassa redditività, è l'unica che garantisca un profitto. Oggi li identificheremmo con la Lega.

Queste polarizzazioni sono compiutamente interne ai settori imprenditoriali, rispondono a necessità dei rispettivi capitali, ma per vincere hanno la necessità inaggirabile di essere egemoni nella classe lavoratrice.
Il settore più garantito e riconosciuto della forza lavoro, così come quello più professionalizzato, tenderà ad appoggiare i settori avanzati perché interessata ad un accrescimento del potere d'acquisto. Il settore meno garantito o completamente escluso da tali vantaggi sviluppa invece una tensione al ribellismo.
Tuttavia se questo ribellismo non trova in campo un'opzione politica unitaria col settore garantito, finirà per appoggiare i settori arretrati e l'opzione protezionistica-nazionalista, che in tal modo può ambire a divenire maggioritaria.

L'unico modo di sfuggire a questa morsa da parte della classe lavoratrice è sviluppare una forza politica autonoma da questa polarizzazione che persegua interessi politico-sociali propri, distinti da ambedue questi soggetti, perché essendo il terreno sindacale precluso alla parzialità meno garantita è solo il terreno politico quello che può sviluppare la necessaria unità.
Questa tensione all'autonomia e all'unità viene tenacemente combattuta dai settori avanzati che proprio nel negare la possibilità di una forza politica propria della classe lavoratrice hanno la loro possibilità egemonica.
Questa forza politica autonoma è la grande assente della politica contemporanea.

Giovanni Arrighi scriveva questa roba nel 1972, ma se si tolgono i riferimenti storici sembra scritta l'altroieri sulla politica italiana degli ultimi quindici anni.

Offline carib

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #315 il: 25 Lug 2020, 17:00 »


Giovanni Arrighi scriveva questa roba nel 1972, ma se si tolgono i riferimenti storici sembra scritta l'altroieri sulla politica italiana degli ultimi quindici anni.
perdona l'ignoranza, perché 15 anni?  :beer:

Offline FatDanny

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #316 il: 25 Lug 2020, 17:50 »
In effetti di più, ho detto 15 perché Arrighi è morto undici anni fa, quindi allo scoppiare dell'ultima crisi economica, ma a leggerlo è interessante la sua capacità predittiva sui tempi di crisi.

Per altro lui identificava la vulgata dei settori ad alta produttività in particolare con un giornalista: Eugenio Scalfari.
Aveva la vista lunga.

Offline carib

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Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #317 il: 26 Lug 2020, 09:25 »
tnx!
Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #318 il: 20 Ago 2020, 21:38 »
Re:Sinistra politica e sociale: la differenza tra la miseria italiana e l'Europa
« Risposta #319 il: 04 Set 2020, 19:43 »
Il difficile è proprio questo: riuscire a superare di nuovo questa "opposizione apparente" - come avvenuto in passato - progettando (eh...) nuove forme di avanzamento sociale in grado di tenere insieme sia la forma (il riformismo legalitario) che la sostanza (la "visione" di ampio respiro, possibile solo a fronte di una critica il più compiuta e il più cosciente possibile della società del nostro tempo).

Purtroppo - per varie ragioni - oggi mancano sia l'una che l'altra. Temo.


Prendo come spunto ciò di cui si parlava nel "Topic sul Referendum" (pp. 3-4), per inserire qui questa riflessione. Mi pare più appropriata al tema di questa discussione.

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Quella tra "riformisti/radicali" (per semplificare) è una dialettica vecchia quanto ogni movimento di cambiamento sociale. Basti pensare agli "eretici" e alle loro mille sette di epoche lontane.

Senza una "gerarchia e un'ortodossia" (cose di cui i partiti politici disponevano, ad esempio, nel bene e nel male) le divisioni e le divergenze tra i gruppi si moltiplicano, rendendo ancora più difficile ogni forma di compromesso e dialogo tra le parti, ancor di più se a livello istituzionale; e questo vale sia all'interno di uno stesso "fronte politico" che tra fronti politici contrapposti.

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Il problema "riformista/radicale" (sempre per semplificare) è che, pur potendo trovare in teoria delle soluzioni comuni, purtroppo parlano due lingue diverse e non si capiscono.

Un esempio per spiegarmi meglio: il "radicale" parla ancora facendo riferimento al soggetto storico "capitalismo", divenuto un termine tabù della nostra epoca (oggi che davvero "tutto" è capitalismo, si ritiene meglio parlare solo di "economia di mercato", anche per evitare spiacevoli ricordi); per il riformista, invece, la parola "capitalismo" (peggio se associata a rivoluzione) rievoca soprattutto la "fuffa".

In passato, qualcuno lo ricorderà per esperienza diretta, non era esattamente così: tra "socialisti" (riformisti) e (rivoluzionari) "comunisti" - oggi etichette buone solo per gli album delle foto da un punto di vista politico, ma non filosofico - c'è stato quantomeno un linguaggio comune (il marxismo; gli "utopisti" lasciamoli stare...); ovviamente al netto delle differenze ideologiche e simboliche tra i due gruppi. Questo, più o meno, è durato sino alla fine degli anni '70/primi anni '80.

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Oggi tra i cosiddetti "riformisti" e i cosiddetti "radicali", invece, in comune non ci sono nemmeno le parole.

Si tratta di un grave problema per il fronte cosiddetto "progressista", che: o si getta - convintamente o meno -  nelle braccia di quelli che credono nel principio dell'"unico mondo possibile" (non riuscendo, così, nemmeno ad immaginare il cambiamento desiderato); oppure, tra i radicali, si finisce per condannarsi a quell'irrilevanza che il contesto storico in cui vive -  piaccia o no -  impone loro (specie alle nostre latitudini; in Sud America, per fare un esempio tra tanti, è già un'altra storia)

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Di nuovo: al netto di più vasti processi di cambiamento sociale, da dove nasce questa differenziazione dei "vocabolari"?
Come e da chi vengono trasmessi questi "linguaggi" differenti?
E quali sono le "teorie radicali" che vanno di moda, oggi?
[Con questo, intendo una sorta di "mainstream radicale" che - pur involontariamente e con le migliori intenzioni - finisce tuttavia per fare il gioco del "mainstream riformista" (con cui non dialoga più) ed il "mainstream ufficiale" (che del progetto "riformista" odierno costituisce una parte ideologica fondamentale).
Non solo i riformisti, dunque, ma anche i radicali non forniscono risposte all'altezza dei problemi odierni: questo avviene perchè gli uni e gli altri - riformisti e radicali - non dispongono in genere dei mezzi teorici e filosofici necessari per contestualizzare al meglio l'epoca in cui viviamo].

Qui, chiaramente, entrano in gioco allora sia l'Università che i meccanismi di diffusione della "cultura alta" all'interno di una società, pensiero "ufficiale o critico che sia"; in un tempo non troppo lontano, la diffusione della cultura era solo parzialmente dipendente dalle strutture universitarie, mentre oggi gli atenei la fanno da padrone (ed è un problema, visto che le università non sono certo un luogo "neutro").

Oltre a ciò -  ma questo è un discorso più "tecnico"  - entrano in ballo anche le scienze sociali e la stessa filosofia che, per certi aspetti,  sembrano sempre più indirizzate verso posizioni oniriche di tipo "post-moderno" (specie quelle radicali) oppure di esasperante realismo (specie quelle ufficiali e riformiste); le ultime, giusto mitigate da forme blande di idealismo liberale, "socialismo utopico" o dottrina sociale della Chiesa.
Post-modernismo, realismo, idealismo liberale, "socialismo utopico" e dottrina sociale della Chiesa, tuttavia, non sono "le uniche filosofie/gli unici approcci metodologici" possibili per capire il nostro mondo. E la storia Otto-Novecentesca (nel male, certo, ma anche e soprattutto nel bene) lo dimostra.
In questo spazio, tra queste varie posizioni (semplifcate), si collocava (e dovrebbe collocarsi oggi) il cosiddetto "marxismo". I cui insegnamenti filosofici e nel campo dell'analisi socio-econimica però - alla luce dei tracolli novecenteschi - sono stati: nel migliore dei casi, edulcorati nella forma e nella sostanza (e per certi aspetti chiaramente a ragion veduta, ma non tutti); nel peggiore dei casi, completamente dimenticato.

Magari se ne riparlerà in un altro spazio.

Scusate se sono andato per le lunghe, ma mi ero appassionato alla "tenzone" e volevo fornire qualche spunto in più alla discussione.

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