il salto logico dalle statue ai libri non sussiste.
E' una tua supposizione iperbolica non supportata da fatti.
E' come "dalle canne all'eroina" o "dai sanpietrini alle P38".
Un modo per criminalizzare quel che accade evocando fantasmi.
Certo che vale il principio che ognuno di noi guarda al proprio, è lampante vedendo la discussione di questi giorni. Il proprio simbolico viene reso assoluto, rendendo intollerabili percezioni differenti.
Peccato che il cambiamento passi proprio dalla rottura - anche forzosa - dei simbolici altrui.
Non è l'età della pietra, è la Storia che avanza in questo modo.
Eurocentrismo a pallettoni e disabitudine al cambiamento storico sono i principali fenomeni che stiamo vedendo in questi giorni in cui la Storia ha ricominciato a muovere qualche passettino dopo una quarantena di vent'anni o più.
Altro contributo, stavolta di un architetto:
Portare alla luce quante piú forme di razzismo o discriminazione perpetrate nei secoli dal potere o dall'industria dell'intrattenimento che sia, non significa "cancellare la storia", come ripete questo mantra liberal-borghese degli ultimi giorni, non significa "censurare" e non significa che cosí verrà sconfitta ogni forma di discriminazione (Grazie per la avanguardistica deduzione , Sherlock).
Significa, invece, ribadire che i simboli, come le statue, sono espressioni di celebrazione del potere e come tali, alla luce delle letture storiche che emergono o che vengono maturate, vadano, in caso, cambiate, tolte, rovesciate, dipinte e vilipese perché i simboli a questo servono: a rappresentare sinteticamente princípi accomunanti per le persone.
Facciamo parte della Storia anche noi e, nonostante sarebbe bello che la sostituzione dei simboli che veicolano idee discriminatorie avvenisse pacificamente, non sono cosí ingenuo da pensare che un processo di emancipazione del genere non debba passare attraverso qualche testa da far rotolare nelle piazze, per quanto stavolta soltanto di travertino o di stagno.
Obiezione tipica benaltrista:"E allora bruciamo anche tutto il Rinascimento italiano finanziato dai magnati fiorentini, il Barocco romano dei Papi in quanto espressione del potere violento e repressivo della Chiesa? E allora togliamo la statua di Pasolini che si scopava i ragazzetti? E allora Platone? E allora Lino Banfi? E allora le foibe? Etc.. "
Io credo che le opere che il potere violento ha generato nei secoli e il loro indubbio valore storico artistico o pratico siano ben altra cosa rispetto alle celebrazioni postume di quel potere violento, mi spiego: non credo sarebbe utile smantellare Via dei Fori imperiali e ripristinare la collina Velia come forma di decolonizzazione antifascista, o smontare l'EUR, per esempio, ma credo che abbiamo fatto bene a smantellare parecchie statue dedicate a Mussolini.
Proprio perché non è la storia che va cancellata ma la sua celebrazione.
Il limite è chiaramente non cosí nettamente distinguibile ma da qualche parte bisogna pur cominciare.
Leopoldo II ha costruito una marea di infrastrutture.
Vanno demolite? No.
Ma ha senso mantenere per le strade di Bruxelles tutta la statuaria postuma e i simboli tesi a celebrare la figura di un re che ha sfruttato, sottomesso e commesso genocidi in Congo sterminando 10 milioni di congolesi?
Se la risposta che ci si è dati è "SI, HA SENSO", probabilmente si è dell'idea che i simboli non significhino niente o che quelle statue siano ormai vecchie, inoffensive, "scariche" di ogni capacità veicolante di princípi, e io mi compiaccio per tale purezza e pacificazione con il mondo della comunicazione visiva ma credo che questa interpretazione sia morbida e "tollerante" solo per una fatica di fondo nel relazionarsi con il principio che l'emancipazione e la liberazione passino per la distruzione di alcuni concetti che a volte sono anche incarnati da opere d'arte.
Si è tolleranti con il simbolo celebrativo di un genocida o di uno stupratore ma non con chi imbratta una statua e io questa cosa la trovo paradossale.
Per quanto lo spauracchio del Talebanismo imperversi già su tutte le testate giornalistiche centriste, non vedo alcuna deriva censoria in atto.
A differenza di quanto leggo in giro, NESSUNA OPERA INTELLETTUALE è stata censurata, nessun "Via col vento" è stato cancellato da tutti i supporti e da tutti i server di streaming mondiali, ma è stato soltanto introdotto (solo sul sito HBO) da UN DESCLAIMER che spiega e contestualizza il perpetrarsi di uno stereotipo razzista per la durata del film (12 giorni), spiegandone i motivi.
Punto.
Vorrei capire cosa ci sia di censorio e moralistico nel voler permettere a chi fruisce di determinate opere senza avere gli adeguati strumenti analitici, di contestualizzarle correttamente e di riconoscere uno stereotipo e una forma di discriminazione.
A quanto pare, oltre che a quelli che alle discriminazioni sono assolutamente favorevoli, questa cosa disturba anche i privilegiati con la Laurea già in grado di contestualizzare adeguatamente qualsiasi opera, per quanto vorrei ricordare che non è meno classista e meno discriminatorio dire "Non è compito dell'arte fare educazione, bisogna solamente studiare".
È un po' come quando si pretende che, in una società discriminatoria come è la nostra, ci si possa permettere di snobbare i simboli controversi perché si immagina che tutti abbiano già raggiunto lo stesso grado di analisi e di coscienza sociale ed etica, attraverso lo stesso paritario accesso all'educazione e ai diritti fondamentali.
Praticamente un'allucinazione autoassolutoria da un attico di Via di Ripetta.