Guarda, ho diverse amiche avvocate, non avvocatesse (due penaliste, tre civiliste, due tributariste).
E si fanno chiamare "avvocata", non "avvocatessa". Anche riprenendo la Corte, quando e se necessario.
perché invece in questo caso vale quanto detto prima sull'origine della desinenza -essa (esattamente la ragione per cui negli anni '50 si usava, appunto, avvocatessa).
http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/domande_e_risposte/grammatica/grammatica_001.html
Cito:
Si legga in proposito quanto ha scritto per Treccani.it la linguista Cecilia Robustelli: «Si noti che negli ultimi decenni, in seguito al crescente ingresso delle donne in settori del mondo del lavoro, delle professioni e delle istituzioni tradizionalmente riservato agli uomini, sono entrate nell’uso molte forme femminili che in precedenza erano usate solo al maschile: si tratta soprattutto di termini che indicano ruoli professionali o istituzionali di prestigio, come ministra, sindaca, chirurga, architetta, ingegnera, ecc. Si tratta di forme corrette sul piano grammaticale e perfettamente riconducibili alle regole di formazione delle parole. L’ancora diffusa reticenza nei confronti del loro uso non ha quindi alcuna ragion d’essere dal punto di vista grammaticale o più ampiamente linguistico. Essa dipende invece da scelte personali che risultano in una contravvenzione alle regole della lingua italiana e che rischiano di creare ambiguità e oscurità sul piano comunicativo, incluso quello della comunicazione istituzionale»
Dire "nelle professioni la differenza la fa il valore, non la desinenza" non c'entra nulla con quel che stiamo dicendo. E' una frase valida per tutte le stagioni, mica solo per le professioni.
In teoria vale sempre il valore, non il genere, l'età, la razzializzazione degli individui.
Mi stai dicendo che in campo accademico, nell'arte, nella musica o anche nel palazzo giudiziario non c'è sessismo?
Dai su. Posso anche farti gli esempi specifici raccontati dalle mie amiche avvocatE e de tutte le volte che è girato loro il culo a mille.
Tipo la Corte che emetteva giudizi sul loro modo di vestirsi solo perché non in linea con quello delle avvocate donne, cosa che con un avvocato uomo non sarebbe MAI accaduto.
Non stava trasandata eh, ma, ad esempio, vestiva come un uomo in aula.. E il giudice (uomo, che strano) l'ha ripresa dicendo che non era quello il modo di presentarsi. Il perché resta un mistero.
O forse non lo è affatto.
Ma quando mai, cazzata. Super cazzata. Una cosa simile avrebbe sollevato un putiferio che levati.
Conosco almeno 10 avvocatesse lesbiche di diversi Fori italiani che si vestono tranquillamente come cavolo vogliono, anche "da uomo" e coi capelli a spazzola, senza che nessuno si azzardi a dire "a". E altrettanti PM. E ci mancherebbe pure, ovviamente.
MA CHE STAI A DI? Quando sarebbe avvenuta 'sta roba e in quale Tribunale?
Si vede che tu non hai consuetudine di palazzi giudiziari, in cui la stragrande maggioranza del personale e dei professionisti che lo praticano sono donne. Il Presidente del Tribunale di Milano (l'ufficio giudiziario più potente d'Italia) sino a qualche anno fa era una donna, per dire. Il più grande penalista italiano vivente è una donna (che è stata ministro e
non è la Bongiorno, ovviamente. La quale ultima però è altrettanto rappresentativa del discorso che stiamo facendo).
Il sessismo è una dinamica fortunatamente in clamorosa regressione nel campo delle professioni, delle arti, dell'accademia: e mica solo alla Federico II, culla del movimento LGBT(dove insegna mia moglie, che viene chiamata "professorè), ma in tutta Italia. Il gran numero - la maggioranza, anche qui - di docenti donne si rispecchia nella composizione della Corte Costituzionale degli anni recenti, il cui Presidente, candidata forte al Quirinale, è una donna (ex rettore a Trento, se non ricordo male, o forse a Trento c'era la de Pretis, ora mi sfugge).
Venendo al merito, è pura teoria, appunto, dire che "conta sempre". Nelle professioni conta un po' di più, persino in Italia. Dove, semmai, non conta proprio il sesso, ma il radicamento nei meccanismi, politici prima di tutto (dove ha sempre spiccato la solidarietà comunista, bada bene). Se l'avvocatessa si chiama Severino, non ti preoccupare che nessuno si farà il dubbio di affidarle la propria libertà visto che è "donna".
Insomma, la battaglia per l'eguaglianza e la pari dignità è sacrosanta, la condividiamo tutti e, proprio per questo, e visto che non è ancora finita, non diciamo cose a caso alimentando le critiche crasse, capzione e coinvolgenti.
PS
Sul tema avvocata/avvocatessa con me sfondi una porta aperta: visto che la Madonna è la Avvocata nostra, pensa te!, come ti avranno insegnato da bambino quanto recitavi il Salve Regina.
Ma sia la Treccani che la Crusca non indicano una lectio facilior o difficilior, per loro sono assolutamente equivalenti, anche se a me pare che "avvocata" sia un vocabolo molto più antico. Difendere il vocabolo "avvocata" come rappresentativo di una più efficace espressione di pari dignità è, dunque, una scelta non sostenuta da una motivazione oggettiva.