Ma su quella del fuoriclasse la bevo un po' meno. I fuoriclasse esistono, e non credo siano stati creati ad arte per fare marketing del rugby o perché tutti hanno bisogno di eroi, altrimenti tutta questa nobiltà d'animo è persa. Gli Wilkinson, O'Driscoll, Dan Carter, Lomu, Habana, James Robinson, Gareth Edwards, David Campese non li ho inventati certo io.
Pero' io non ho scritto che non esistono. Ho scritto che non bastano da soli. I giocatori che hai citato hanno esaltato il loro genio in squadre che erano composte da giocatori di livello stratosferico.
David Campese giocava assieme a Nick Farr Jones e a John Eales*, O'Driscoll aveva O'gara, Stringer, Humphreys e altri. Non erano soli.
Jonah Lomu giocava assieme a giocatori che hanno fatto la storia di questo sport. Giocava in una Nuova Zelanda che, probabilmente é stata la più forte della storia in cui giocava, per esempio, Zinzan Brooke, uno dei terza centro più forti della storia (e che per un anno ha giocato nella Lazio Rugby).
Ed é un caso a parte. Lui é stato la prima vera grande superstar di questo sport. E lo ha rivoluzionato.
Perché é stato il primo giocatore che aveva un fisico da pilone ma correva come un'ala. Ha sovvertito tutto quello che era stato il rugby finora. I grandi e grossi davanti, i piccoletti dietro a correre veloci.
Vorrei avanzare un paragone che gli esperti del tennis mi perdoneranno ma Jonah Lomu é stato per il rugby quello che é stato Ivan Lendl per il tennis. Aldilà delle vittorie Ivan Lendl ha modificato l'approccio al tennis rendendolo una sport più fisico, più muscolare, trasformandolo da uno sport di fioretto in uno sport di sciabola (concetto che lessi nella biografia di MCEnroe, quindi nel caso é colpa sua...
). C'é stato un prima e un dopo. Il che puo' essere letto sia in senso positivo che negativo. Da una parte si é persa una parte della poesia dall'altra si é guadagnato in velocità é dinamismo. Oggi ci sono piloni di 120 kg che corrono i 100 in 11", o meglio corrono 15/30 metri alla velocità di un centometrista e tanto basta. Poi ci sarà qualcun altro che recupererà il pallone. Ieri la partita tra Italia e Inghilterra, in fondo ne é stato un esempio. Gli inglesi erano dei culturisti che giocano a rugby, mediamente più degli azzurri ci sono passati sopra col pallone in mano. E' un po' il marchio di fabbrica di Eddie Jones, il loro coach.
Se vogliamo, dall'altra parte un problema che il rugby, questo rugby fisico e potente, deve affrontare prima di subito é quello della salvaguardia dell'incolumità dei giocatori. Non bastano i protocolli commozione che subiscono alcuni giocatori durante le partite quando sono corretti a uscire per 10 minuti a verificare che sono a posto. E' sempre più frequente il caso di giocatori con problemi neurologici dopo la fine della loro carriera e alcuni, anche durante. Ad esempio Pat Lambie, mediano di apertura degli Springbocks che a 26 anni ha smesso consigliato dai medici.
Insomma, alla fine é anche un serpente che si morde la coda.
Altro discorso, e qui si potrebbe andare per le lunghe, é anche il lato snob del rugby.
Che esiste.
* John Eales sapeva fare tutto, é stato probabilmente l'unico seconda linea (gli spilungoni che saltano in touche) che correva, saltava e soprattutto trasformava anche col piede.
Era chiamato Mr Nobody perché Nobody is perfect.