Cragnotti, Eriksson, Veron, Mancini e Nedved… quella Lazio infarcita di campioni, che ha mandato in rovina (come del resto era successo anche a Lenzini) il proprietario, era mostruosamente forte! E per quel che era non ha vinto che ovvie briciole. A noi sembra tantissimo ma in realtà un altro scudetto e qualcos’altro in Europa DOVEVA arrivare. Però a Roma c’è il corriere dello sport, ci sono mille radio e centomila sedicenti opinionisti, laziologi. Ci sono i laziali cacacazzi e i cugini sbruffoni. E non c’è l’abitudine all’alta classifica. A milano le tre squadre a strisciate, i loro tifosi, discutono neanche troppo animatamente. Sono abituati all’aria rarefatta da oltre un secolo di scudetti e trofei vari. C’era, non so se c’è ancora, UNA RADIO, MILANINTER si chiama, dove si dibatte(-va?) in punta di forchetta. Ci sono milioni di tifosi che, senza numeri taroccati o biglietti “paga uno prendi tre”, sono pronti ad arrivare dalla Lombardia, dal Piemonte e dal Veneto a riempire San Siro, facendo sistematici pienoni, mai chiamati sold out.
Per me l’ambiente romano (ma, evidentemente anche quello napoletano) crea stress nei giocatori che a Milano non avverto. Non è appagamento da primo o secondo posto, è fuga (quantomeno) dalla realtà romana (o napoletana) coi suoi sipperò e dal vittimismo perdente.