Solamente tre società italiane (Empoli, Roma e Milan) accolgono nei propri roster un numero consistente di giocatori cresciuti nel proprio vivaio. Alla luce delle recenti normative Uefa e Figc, sull’obbligatorietà di avere in rosa un certo numero di giocatori cresciuti nel proprio settore giovanile, il dato ci sembra allarmante.
Complessivamente il numero medio di giocatori in rosa cresciuti nel proprio vivaio è molto elevato in Francia, dove i club di Ligue 1. hanno in media 6,7 giocatori cresciuti in casa nella rosa di prima squadra, contro i 6 delle squadre spagnole. A seguire i club inglesi (5,2), quelli tedeschi (5,0) ed infine le squadre italiane (3,7).
Dati in apparenza impietosi per i nostri club tenendo tuttavia in debita considerazione il fatto che il divario si è notevolmente ridotto rispetto a due anni fa quando la media francese era di 8,9 a fronte dei soli 3 italiani (3,9 per i tedeschi in forte ripresa, 5,1 per gli inglesi rimasti stabili e 7,8 per gli spagnoli anch’essi in calo). Quasi a voler sottolineare che le Nazioni non in regola con i parametri Uefa si stanno affrettando a recuperare la situazione.
2.2 I modelli organizzativi nazionali
Facciamo ora un passo indietro tornando alla tabella e al dato che vi viene raffigurato:
I minuti giocati in media per gara dagli under ’22 nei diversi campionati
Inghilterra 24
Spagna 32
Francia 23,5
Germania 19
Italia 13
l’utilizzo - in termini di minutaggio - di un giovane nel campionato spagnolo è praticamente doppio rispetto a quelli della nostra serie A, che si piazza, in questa speciale graduatoria, all’ultimo posto.
La spiegazione di questo dato ci sembra piuttosto semplice: gli under 22 italiani quando escono dai settori giovanili non sono assolutamente pronti per affrontare il campionato di serie A. Il numero di giocatori utilizzati - o per meglio dire “provati - è alto, il che vuol dire che ai nostri allenatori non manca il “coraggio” di far esordire un giovane nella massima serie, ma gli manca, forse, il coraggio di dargli fiducia.
Come già accennato, l’alto dato di utilizzo della Spagna, in relazione al basso numero di calciatori under 22 schierati, è facilitato dalla struttura dei club iberici, che prevede la possibilità di schierare le squadre “B” nei campionati inferiori a quello di appartenenza così da preparare e monitorare i giovani, scegliendo quelli da inserire in prima squadra tra quelli più pronti e fornendo una formazione agonistica di alto livello per quei giocatori non ancora in grado di giocare nella massima categoria.
Non a caso, questo processo di maturazione, porta la Spagna ad avere il più alto numero di giocatori tra
23 e 26 anni impiegati nei cinque campionati considerati.
La prontezza dei nostri giovani ad affrontare il massimo campionato dipende anche dalla stessa struttura dei nostri tornei, soprattutto se paragonati agli analoghi degli altri Paesi. Un punto in comune che possiamo trovare tra l’organizzazione ed il funzionamento dei campionati minori esteri è che la “mission” dei tornei di seconda e terza fascia in Francia, Spagna e Germania, oltre che ad incarnare i principi sportivi di una qualsiasi competizione, presenta delle caratteristiche “formative” o “di sviluppo” ben definite.
La possibilità, infatti, di schierare le seconde squadre di società partecipanti ai campionati di vertice, permette ai giocatori di confrontarsi con campionati dal buon livello tecnico ed agonistico, senza avere la pressione del risultato da ottenere a tutti i costi. Si tratta, quindi, di vere e proprie squadre “serbatoio” in cui i giovani crescono in un contesto tecnico di buon livello affinando la propria preparazione in vista del salto in prima squadra.
Partiamo dalla GERMANIA in cui solo le prime due divisioni - quelle organizzate dalla Bundesliga - sono a carattere professionistico. Dalla terza divisione in poi i campionati sono a carattere dilettantistico (Regionalliga, Oberliga, etc.), composti anche dalle squadre amatoriali dei club professionistici di prima e seconda divisione, sorta di squadre satelliti dalle quali i club professionistici possono prelevare giocatori durante la stagione o nelle quali possono far riprendere l’attività ai giocatori di prima squadra reduci da gravi
infortuni. Appositi meccanismi regolano questo interscambio di giocatori fra prima squadra e squadra “amateur”. Prevista in terza serie la figura dei c.d. “amatori salariati”.
In SPAGNA tutti i club professionistici possono avere clubs “satelliti”, in ognuna delle categorie inferiori rispetto a quella dove militano. Il regolamento della Lega spagnola prevede un numero chiuso di giocatori iscrivibili nella rosa della prima squadra, ai quali si possono aggiungere solo gli elementi “prelevati” nel corso della stagione dalle squadre “B” o “C”. Le squadre minori possono retrocedere o essere promosse, purché la prima squadra delle società di riferimento, giochi in una divisione superiore. Può accadere, quindi, che i giocatori schierati nella formazione “B” giochino campionati di altissimo livello, come la Segunda Division (l’anno scorso per esempio vi militava la seconda squadra del Real Madrid) o la Segunda B, paragonabili alle nostre Serie B e C1. Un giocatore può giocare indifferentemente in qualsiasi squadra della catena dei “satelliti” purché questa militi in un campionato di categoria superiore rispetto a quello per cui è tesserato.
Tuttavia il giocatore non può tornare a giocare nella categoria inferiore se ha disputato dieci partite in una delle serie superiori; norma non valida per i giovani. Norme particolareggiate regolano poi altri molteplici casi.
Anche in FRANCIA i campionati professionistici sono solamente i primi due, organizzati dalla Lega Professionisti. Il campionato di terza divisione, chiamato National, è a carattere dilettante, ma i club retrocessi dalla seconda divisione possono mantenere lo status di professionisti per due anni. Nei campionati di quarta e quinta divisione - che sono invece a carattere esclusivamente dilettantistico - possono partecipare le squadre “B” delle società di prima e seconda divisione. Sono composte dai migliori giovani del vivaio più qualche giocatore che non trova posto in prima squadra. Possono retrocedere ma non salire in terza serie (fino a una decina di anni fa potevano militare fino a questo campionato).
Durante la stagione il passaggio di giocatori fra le due squadre è possibile a determinati vincoli, stabiliti periodicamente da Lega e Federazione (di regola non più di tre giocatori possono tornare indietro nel corso dell’anno). Spesso gli incontri delle squadre B attirano un buon numero di telespettatori soprattutto quando la seconda squadra delle “grandi” di Francia gioca a casa di una piccola società di provincia. Secondo Guy Roux, storico allenatore dell’Auxerre, un ragazzo capace a 23 anni deve aver giocato un centinaio di volte in quarta serie e una cinquantina in serie A. Un 16-17enne deve giocare con i più grandi in campionati competitivi, ma disputare 2-3 gare all’anno in serie A. La filosofia che sta a monte é che il giovane deve giocare. E così, per esempio, mnell’anno del debutto (1990-91), Liliam Thuram - anche se negli almanacchi risultava con una sola presenza nel Monaco - in realtà aveva anche oltre 20 presenze nella seconda squadra del Principato, militante nell’equivalente della nostra serie C2. L’organizzazione francese permette al giovane di giocare già in tenera età in un campionato competitivo non confrontandosi solamente con campionati “giovanili”, come succede ai giovani delle nostre Primavera. E ciò avviene in un contesto dove tutto non é in funzione solo del risultato immediato.
Come giustamente sottolineano Antonio Rocca, ct delle Nazionali under 15 e 16: sono 20 anni che faccio questo lavoro e non ho mai visto trasformarsi in realtà il fantomatico rischio che un ragazzo si bruci. Questa è una frase fatta che fa comodo soprattutto agli allenatori per mettersi al riparo da eventuali critiche. In realtà il talento, per sbocciare compiutamente, ha bisogno di misurarsi in contesti di qualità superiore
E G. Gasperini allenatore del Genoa: Se uno è bravo, non ci sono problemi a farlo giocare. Poi i ragazzi hanno un grande pregio: ti fanno capire quando sono pronti. Lo vedi da come s allenano, da come stanno in campo. Certo è più facile lasciare fuori loro che un elemento di esperienza, magari per conservare un clima sereno nello spogliatoio.… non so quanto il campionato Primavera favorisca una formazione completa. Io seguirei l’esempio di quei Paesi stranieri dove i grandi club hanno una seconda formazione, definiamola “riserve”, che partecipa a veri e propri campionati di serie inferiore, paragonabili alla B e alla C italiane. Queste selezioni,
ovviamente, sono formate quasi interamente da 18-19enni, che così si preparano nel migliore dei modi al salto in prima squadra, senza perdere tempo in inutili giri di prestiti.
In INGHILTERRA ed in ITALIA, invece, non è prevista la possibilità per le seconde squadre delle società maggiori di confrontarsi nelle divisioni inferiori con gli altri club.
Nel Paese britannico, però, la presenza di squadre “di sviluppo”, ossia adibite all’inserimento di giocatori non ancora pronti per i massimi livelli, è garantita dal campionato riserve, una competizione che si gioca ogni anno, parallelamente ai tornei della Premier e della Football League. Pur non avendo nessuno “scopo competitivo” - il campionato si gioca ogni anno con le squadre divise in gironi secondo la provenienza geografica, e senza un girone finale per decretare un vincitore - questo torneo risulta formativo per i giovani usciti dall’academy inglese. Giocate nei giorni di lunedì e martedì, infatti, le partite vedono spesso scendere in campo giocatori della prima squadra che non sono stati impiegati al sabato, magari per squalifica o perché reduci da un infortunio; cosicché ad un 18enne uscito dall’academy può capitare - come spesso avviene - di confrontarsi
con le stelle della Premiership, in partite dall’alto valore agonistico, non fosse altro per il buon seguito di pubblico (visto il prezzo politico di ingresso allo stadio pari a non più di un paio di sterline).
Il solo Paese che non prevede l’esistenza di squadre B o di campionati riserva (come era negli anni ‘70 la nostra De Martino) è, quindi, l’Italia. Il classico “processo di crescita” di questi ragazzi sembra quindi il “temporaneo parcheggio” presso una società di divisione inferiore, spesso con la formula del prestito, allo scopo di far maturare il più possibile il ragazzo. Messi a confronto con una realtà agonistica di buon livello come è quella rappresentata dai campionati della nostra serie C e, soprattutto, messi di fronte a condizionamenti ambientali molto forti, i nostri giovani molto spesso non riescono a tirare fuori il meglio delle loro qualità.
(segue)