Io tratteggio una scelta. Qualcosa che non condivido ma che, vista la condizione in cui si trova a doversi muovere la categoria in questione, riesco a giustificare. Soprattutto comparandola ad altri più importanti contesti.
Il giornalista è un mestiere morto e sepolto. Prima era necessario saper scrivere. Ora è necessario sapere, nient'altro. Tu giustamente commenti questa situazione dicendo che, beh, se non hai talento e sei costretto a seguire determinate direttive per continuare a lavorare dovresti scegliere altro. Mica ti do torto su questo. E' sempre una scelta. Ma oggigiorno il giornalista, per vendere, si deve rivolgere a un determinato tipo di pubblico a cui non interessa leggere un bell'articolo. Gli basta sfogliare le pagine, leggere due righe che attirano la sua attenzione e che rispecchino parzialmente o totalmente le sue aspettative. Il tifoso del Milan che compra il giornale vuole leggere di accostamenti a Ibrahimovic, non delle marchette pagate ad agente X o ad agente Y per prendere un giocatore delle giovanili. Per lo stesso motivo tantissimi attori talentuosi, per dire, si riducono a fare da comparsa in mediocri telenovelas, in filmetti scemi per ritardati, in cinepanettoni. Volendo potrebbero pure continuare a recitare Carmelo Bene nel teatro sotto casa eh. Ma con quello non ci mangiano mica. E se lavori tutto il giorno e alla fine del mese non hai i soldi neanche per pagarti la benzina i [...] un po' ti girano.
Ora mi venite a parlare di Italiano medio...magari. L'Italia ha il giornalismo che si merita. E quando hai fame oltre a cercare le briciole altro non puoi fare. Detto questo non sto dicendo che sia un comportamento dignitoso, ma è veramente dura, ripeto, parliamo di una professione morta e sepolta (prima il giornalista, ora il diffusore di notizie) e chi ci si approccia sa che dovrà faticare cento volte più che in altri campi. La passione te la fanno passare, credimi.
Ho una conoscenza diretta limitata, ma immagino che la realtà sia deprimente come tu la descrivi.
E, ovviamente, è qualcosa che va al di là dell'occasione contingente da cui prende le mosse il nostro discorso e che, in certo modo, si ritrova, con forme neppure molto diverse, in tanti altri ambiti, di cui, invece, ho una conoscenza molto più approfondita.
Quella su cui, però, nutro qualche dubbio è la visione deterministica che mi pare trasparire dalle tue parole: è così e non può non essere così.
Forse, invece, è così non perché non sia possibile fare altrimenti, ma perché non ve ne sono le capacità o, anche solo, la voglia ed il coraggio di rischiare.
Anche in passato mi sembra che ci fossero spinte omologanti più o meno stringenti (in certi momenti addirittura legittimate dall'autorità dello Stato) ma ciò non ha impedito a chi non si volesse omologare di trovarsi lo spazio per cimentarsi in cosa riteneva giusto. E, non di rado, quello spazio, grazie alle capacità personali di chi se lo era ricercato, è diventato ampio ed ha bucato la barriera dell'omologazione.
Non so. La mia, magari, è solo un'illusione, ma mi piace coltivarla.
Al di la di questi discorsi, però, ripeto che, a questo punto, quello che non posso più tollerare, anzi che non possiamo tollerare, è che uno solo di coloro che oggi hanno assistito inerti al vaniloquio transalpino, domani, allorquando qualche atteggiamento della curva, di Lotito o di qualche giocatore gli offrirà il pretesto, venga a farci la lezioncina morale di etica ed educazione civica. Allora, infatti, dovremo ricordare che, a loro, dell'etica e della educazione civica non frega una mazza e che, invece, in quel momento staranno agendo quali volgari sicari chiamati ad eseguire il
contratto siglato con i loro mandanti. Ed io, a chi mi vuol sparare alle spalle, preferirei guardarlo negli occhi ed anticiparlo.