Roma è un solo, assordante clacson, una lacerante sinfonia di felicità. Mentre vengo al giornale, vedo un grosso giovanotto con i capelli lunghi sulle spalle, uno scudetto laziale sul petto, un ragazzone che s’arrampica vociando ad una finestra del rez-de-chaussé e chiama la madre. Vedo la vecchia con i capelli bianchi chinarsi, al di là del davanzale, sul figlio. Li vedo baciarsi, mentre alle spalle della donna s’affaccia il fratello più grande e dice sorridendo, sfottente: “’a matto!”. Più di così un romano de Roma non si commove, ma vi assicuro che è tanto.
(Antonio Ghirelli, Corriere della Sera del 13 maggio 1974)