A me invece quello che stabiliscono i giudici rispetto al reato associativo interessa poco anche perché è spesso molto discutibile (vedi mafia capitale).
Ritengo però sbagliato il paragone con le celebrazioni dei mafiosi/camorristi/ndranghetisti perché li avvengono esattamente sulla base del ruolo criminale avuto in vita.
E anche in questi casi lo Stato invece di alimentare indignazione spiccia dovrebbe chiedersi perché in certe zone avvengono manifestazioni di questo tipo. Semplice paura o effettiva manifestazione di affetto per chi ha rappresentato un para-welfare dove il welfare di stato è totalmente assente?
Magari agire su questo aspetto aiuterebbe non solo a limitare queste manifestazioni ma proprio il fenomeno generale, mentre così , ridotto a inaccettabile folklore, ne scarica ogni responsabilità in una condanna sociale che evita di darsi spiegazioni.
Tornando a noi, non si può dire che Diabolik viene celebrato per questo motivo, ma per il suo ruolo ultras.
Non credo, come dice tarallo, che il principio sia di difficile applicazione. Diabolik ha rappresentato un modo di organizzare la curva che riguarda un modo di stare allo stadio, di andare in trasferta, di vivere la propria squadra.
Discutibile? Ma certamente, io molto non lo condivido (espressioni fascio-razziste, violenza, machismo), qualcos'altro lo apprezzo (visto con i miei occhi i capi curva riprendere ragazzetti in trasferta che apostrofavano con insulti sessisti tifose avversarie, l'idea che in trasferta i laziali sono una cosa sola e non devono sentirsi in pericolo, a prescindere da qualsiasi altra categoria, anche politica).
Ma resta il fatto che l'omaggio è su questo, non sulla sua attività criminale.
Scusatemi, ma in una città in cui si vendono gadget e magliette sui protagonisti di romanzo criminale mi sembra più preoccupante questo che l'omaggio ad un capo ultras che era anche criminale nella vita.
Ancor più in generale, scusate la lunghezza, io non condivido questo atteggiamento giustizialista di "fine pena mai". In cui anche persone che hanno scontato la totalità della pena, vedi combattenti anni '70, non devono più parlare in pubblico, anzi non possono più avere una vita pubblica per via dei crimini commessi. In cui parlare con loro, magari di temi che nulla hanno a che vedere con quella storia, diventa automaticamente apologia della lotta armata.
Distinguere le cose invece mi sembra non solo utile, ma necessario.