Una settimana fa tutto sembrava diverso, vero?
Diciamolo chiaramente, che la doccia gelata fa male ma sveglia: immaginavamo di arrivare ad oggi come unica squadra ancora in corsa in Europa, pronti a gustarci i sorteggi e un derby in cui loro arrivavano, al solito, senza più competizioni, e noi in corsissima per una finale europea.
Non solo non è andata così, ma è andato tutto alla rovescia.
Tre schiaffoni in tre minuti e oggi siamo alla vigilia di un Lazio-roma complicatissimo, in cui loro arrivano trascinati dall'entusiasmo di un traguardo storico e noi con l'amaro in bocca per l'occasione mancata, timorosi e insicuri.
Ieri sera ho letto di tutto qui sopra: gente che smobilita, disaffezioni, addii, discese dal carro in corsa che cancellano completamente i mesi passati, inni alla vita.
Comprensibile, nei momenti di rabbia si può dire qualsiasi cazzata. Comprensibile, fino a ieri sera.
Da oggi a domenica sera chi non se la sente scenda pure dal carro, giocatori e tifosi.
Se siete tifosi non ce venite allo stadio, i giocatori se diano malati.
Non possiamo permetterci pesi morti né sugli spalti né in campo, domenica sera tocca entrare all'Olimpico come un sol uomo o una sola donna, con la calma spietata delle Macchine da guerra.
Faranno di tutto per innervosirci, per farci perdere le staffe, per far risalire tutti gli effetti di questa settimana di merda, in testa e nelle gambe.
Non possiamo permetterci nessuno così fesso da caderci o così timoroso da non saperlo affrontare.
Domenica sera non si possono abbandonare le posizioni, qualunque cosa accada.
Non si può smettere di cantare, qualunque cosa accada.
Non si può smettere di giocare, qualunque cosa accada.
Dal primo generale all'ultimo soldato, non un passo indietro.
Ricordatevi chi siete mentre attraversate il parcheggio della Farnesina, ricordatevelo mentre varcate i cancelli e salite i gradini, ricordatevelo entrando in campo.
Ricordatevi che siamo la Lazio, il resto lo sapete da voi.