Ecco questo è un gran libro. Ambientato nella Istanbul del tremendo terremoto del 1999, è la storia di una famiglia Curda, fondamentalista islamica, emigrata a Istanbul dopo la guerra. Affronta il difficile equilibrio delle due facce di Istanbul: la libertà di espressione a tutti i costi (sostenuta anche dai numerosi cittadini europei/nord americani) e il rispetto delle tradizioni. Dove però per tradizioni non si parla delle tradizioni turche in senso stretto, ma di quelle di un popolo (Curdo) che è stato suo malgrado costretto a vivere in un paese di tradizioni a volte troppo diverse dalle loro. (sì oltre che col Giappone sto in fissa pure con la Turchia )
Volevo ringraziarti per la segnalazione.
L'ho letto tutto d'un fiato tra Izmir ed Istanbul e l'ho trovato molto bello.
Devo però dirti che non mi trovo d'accordo sul tuo ragionamento sulle tradizioni nel senso che, a mio parere, non esistono "
tradizioni turche in senso stretto"
Sono reduce da un lungo giro in Anatolia orientale (in realtà tecnicamente il giro è in corso, visto che sono ancora ad Istanbul) e naturalmente esistono le tradizioni curde che però a mio avviso sono parte integrante della cultura turca, anzi anatolica a dir meglio (ultramillenaria e calendoscopica all'ennesima potenza), e che ad essa appartengono a pieno titolo.
Che poi si "spinga" sui localismi per bieche ragioni (geo)politiche - che, seppur mascherate da religione e costume, puzzano sempre più di petrolio - è altro discorso.
Il contrasto ad Istanbul è evidente e stridente ma, per dirne una, ho visto più veli qui in tre giorni che a Diyarbakır, quasi una controazione alla spersonalizzazione generata dai fenomeni migratori conseguenti alle politiche economiche.
Mi fermo qua, altrimenti dovremmo spostarci su "Argomenti"