In realtà anderz, con piglio storico, si potrebbe estendere ulteriormente lo sguardo e partire dalla socialdemocrazia tedesca a fine '800 (la quale condizionerà la concezione di "partito" a sinistra, tanto per i socialisti che per i comunisti) e confermata nel secondo dopoguerra
Ossia nel momento in cui la sinistra da sinergia tra diversi (camere del lavoro, associazioni mutuali e previdenziali, trade unions, "partiti" ma con un significato molto diverso dal '900) volta alla costruzione di un contro-Stato operaio e contadino in antitesi a quello esistente passa alla struttura dualistica partito-sindacato (politico-economico) volta alla conquista dello Stato borghese esistente.
Questo anche a causa di un inaspettato successo elettorale che produsse all'epoca fin troppe illusioni (135mila voti nel 1897, un'enormità considerato che non c'era suffragio universale).
La scommessa era sovvertire lo Stato dall'interno, è stata drammaticamente persa ed è diventata integrazione nello Stato e nei suoi interessi (borghesi).
Cosa che si nota anzitutto con lo schierarsi delle socialdemocrazie con l'intervento bellico nel 1915, quindi con le politiche di "coesistenza pacifica" del secondo dopoguerra, infine con l'appiattimento progressivo con il neoliberismo dalla crisi degli anni '70 in avanti.
Tolti gli sconvolgimenti rivoluzionari, che fisiologicamente costituiscono una controtendenza, la parabola è in realtà piuttosto lineare.
Ed è una delle ragioni per cui la sinistra, per ricostruirsi davvero, deve riavvolgere il nastro fino all'inizio della parabola. Non perchè si possa ripetere il tutto senza errori, la storia non si riavvolge, ma per capire da dove riprendere il filo.