Si fosse permesso la realizzazione del compromesso storico, molto non sarebbe andato come è andato.
E di questo fallimento certa sinistra estrema ha le sue responsabilità.
Ovviamente non mi riferisco esclusivamente ai responsabili materiali del rapimento Moro che eliminò l'unico alleato di Berlinguer.
Craxi sarebbe contato quanto il PD oggi con tutto ciò che ne sarebbe venuto.
E' tutto il contrario.
Il compromesso storico è esattamente il problema, il non risolto, la chiave interpretativa che a sinistra non si tocca, raffigurato da Enrico Berlunguer sul piano personale ma come dice lo stesso orchetto simbolico di una parabola più generale.
Ad aver torto in quel passaggio non fu la sinistra radicale, ma proprio quella riformista.
Perché si basava su un
compromesso sociale a ribasso, con una minima speranza di riuscita fino agli anni 60, in cui il boom economico garantiva una redistribuzione minima, ma diventato un gioco a perdere dai 70 in avanti per via della situazione economica che da lì ha caratterizzato il capitalismo mondiale.
Questo nel quadro, altrettanto negativo, della "convivenza pacifica" che comportava da un lato il controllo di ogni pulsione realmente rivoluzionaria, dall'altro l'appoggio al regime barbaro di cui parla cartesio, con tanto di porcate annesse su Ungheria, Cecoslovacchia, etc.
Chi sperava nel compromesso storico aveva torto. Era una stada senza uscita.
E questa cosa è visibile mica solo in Italia né solo negli errori e orrori del gruppo dirigente del pds-ds-pd. Io questa cosa la vorrei relativizzare per non assegnargli croci più grandi di loro.
E' un qualcosa che riguarda tutta la socialdemocrazia europea: dal programma di Bad Godesberg in Germania (1959) alla terza via blairiana la parabola è coerente e unitaria, così come il destino dei rispettivi partiti sempre più in difficoltà.
Il
fallimento è nel credere che ci potesse essere una possibilità di riforma moderata del capitalismo, che il capitalismo fosse controllabile.
L'
illusione è stata dovuta agli alti tassi di crescita (non ripetibili) del secondo dopoguerra dovuti alla distruzione causata dalla guerra stessa, in grado di produrre una domanda sconfinata e non più replicabile se non attraverso un'altra guerra.
La
realtà è una combinazione: l'abbandono di una visione del mondo in rottura col capitalismo (marxismo) e un capitale reso sempre più famelico dalla crisi resero la concreta politica di questi partiti un compromesso sempre più al ribasso, diritti sempre più erosi, controriforme più che riforme progressive.
Ora io sono d'accordo con James che questi partiti, se vogliono riprendere forza, devono ricostruire una tensione utopica. Ma occhio a non tradurre questa cosa con una frode (quale è stata, ad esempio, lo spauracchio del nemico degli ultimi 50 anni).
La tensione utopica è giusta, ma si deve basare su un progetto di società reale.
E se non si affrontano le contraddizioni del capitalismo, cari miei, hai voglia a trovare la giusta utopia.
Vedrete che alla fine, se girate davvero, sempre sotto lo sguardo severo del barbone avrete da tornà.
Oppure, più facilmente, continuerete ad essere un partito di notabili che prende il voto elitario della borghesia per bene, spaventata dai barbari delle periferie bestiali.
Su questo sono pronto a scommettere qualsiasi cifra.