Partiamo dal presupposto che a me non importa nulla di convincere nessuno di alcunché. Nulla.
Ognuna vota secondo i propri convincimenti o in base a quanto è stato influenzato dagli argomenti, alcuni molto scadenti, propinatici in campagna elettorale. Ma questo è anche superfluo e banale da dire.
Populista non è sinonimo di poco serio e io non l’ho usato in senso dispregiativo. Mi attengo ai fatti: Matteo Renzi è il più forte leader politico italiano dal dopoguerra (parlo di leadership pura).
Lo è per carisma, lo è per capacità comunicative, lo è per spietatezza. E’ attualmente l’unico primo ministro europeo espressione di un partito istituzionale ad aver intercettato e corteggiato anche il sentimento antieuropeista, scontrandosi più volte con Juncker e Merkel non uscendone sconfitto. E’ l’unico politico "istituzionale" che potrebbe sopravvivere alla sconfitta definitiva dell’Europa come la conosciamo oggi.
Matteo Renzi è populista perché è capace di utilizzare argomenti populisti meglio di chi è populista secondo la stampa. Basta vedere il quesito elettorale, basta sentirlo schierarsi contro la “casta”, basta leggere le sue invettive contro i “furbetti del cartellino”, basta ricordarsi di quando ci raccontò che la politica italiana andava “rottamata”.
Per me ci può stare che una personalità del genere abbia grande supporto popolare però, se andiamo ad analizzare le sue politiche, io vedo un premier che è la quintessenza del politico amico del grande capitale internazionale, che ha promosso politiche del lavoro ancor più ultraliberiste di quelle che già avevamo, che non ha niente a che vedere con la sinistra, nemmeno quella liberal-democratica.
Almeno un populista vero avrebbe spinto di più su riforme, appunto, “nazionalpopolari” invece di continuare verso questa deriva fatta di delocalizzazioni, licenziamenti, sgravi alle aziende e meno diritti per chi lavora.