Il disclaimer è un buon punto.
Agli appassionati di film, ci sono altri film importanti che dovrebbero essere messi sotto i riflettori?
Uh ce ne sono tantissimi e la cosa riguarda anche la letteratura oltre che il cinema.
Esiste un intero filone di studi, purtroppo in Italia ancora poco sviluppato, ossia i postcolonial studies, che parte il secolo scorso principalmente dagli studi sulla psiche di fanon (come le categorie analitiche hanno un significato diverso sui problemi mentali dei colonizzati) e che oggi hanno nel filone di chakrabarty e spivak elementi di spicco.
Se si avesse l'umiltà di leggere alcuni di questi testi ci si renderebbe conto che il dibattito che abbiamo qui (intendo in Italia, non solo su lazionet) è miserrimo.
Spivak arriva ad un livello di problematizzazione che qui forse darebbe il mal di testa a qualcuno, ossia il cosiddetto "informante nativo": la rappresentazione del soggetto dominante è talmente pervasiva sul dominato che questo perde la possibilità di una rappresentazione autonoma e si uniforma ad una rappresentazione esterna che pretende di essere reale.
Ma se questo è vero come si fa ad arrivare ad un'autorappresentazione autentica?
Siamo arrivati a questo grado di complessità del problema, altro che "via col vento" e "il razzismo non esiste".
Questo significa che distruggiamo i classici della letteratura e della cinematografia?
No, significa che vanno decostruiti. Il disclaimer su via col vento è un esempio di decostruzione, che può essere fatta per il 90% della produzione culturale occidentale, in termini di genere, di razzializzazione e di eteronormatività.
Ad esempio studiando il significato dei protagonisti femminili o razzializzati nei film, il loro ruolo e i limiti imposti nel plot.
Questo non per dirci quanto facciamo culturalmente schifo o che i western sono tutti film di merda, ma per capire i meccanismi di fondo che guidano la nostra interpretazione del mondo e porli a critica.
Che rapporto c'è con la distruzione di alcune statue? Qualsiasi analisi sulle identità riconosce abbastanza comunemente che queste si formano in primo luogo in negativo, dalla più banale identità individuale (rispetto ai propri genitori, le cosiddette discussioni adolescenziali), fino a quelle sociali di massa.
La distruzione di una statua altro non è che la rottura, sul piano simbolico, di un'identità non più condivisa. Per questo tocca Colombo, Lepoldo II o un generale confederale. Dice "quella roba non ci rappresenta. Non più. Anzi non ci ha mai rappresentato".
Non rimuove né cancella la storia, ma rompe con UN'idea specifica di storia condivisa.
Per questo l'esempio dei Buddha è assolutamente non pertinente.
Certo se di questo si fa un motivo di derisione con cazzate quali "la dittatura del politicamente corretto" è chiaro che non si capisce proprio il senso della cosa. Ma, ripeto, questo non è un problema di chi si interroga su ste cose, ma è tutto di chi le deride.