La colgo e concordo.
Per cui un figlio, per me, non puô essere comprato, né venduto.
questa affermazione è oggettivamente scorretta, nonché capziosa, perchè nessuno sarebbe mai d'accordo alla compravendita dei bambini, nemmeno io.
Quello che si vende/compra è una prestazione da parte della prestatrice d'utero, non il bambino.
Oppure perchè non si pone lo stesso problema con la donazione di sperma?
Se io acquisto del seme sto comprando il bambino? Assolutamente no.
E allora perché un uomo è libero di vendere il suo seme e la donna non può essere libera di vendere il suo utero?
E' il problema che genera l'ingresso dell'etica nella formulazione delle leggi.
Una volta accertato che la base deve essere la liberta' di azione di due adulti consenzienti, le limitazioni alla stessa devono essere il risultato di un consesso laico e democratico. Dette limitazioni sono accettabili solo se atte a proteggere terzi (senza entrare nella definizione qui, lo abbiamo fatto in innumerevoli topic sull'aborto) o a integrare i fatti nel contesto giuridico in vigore.
Difficile dire a una donna che vuole affittare l'utero ogni nove mesi che non puo' farlo. Particolarmente perche' immorale. Il ruolo dei servizi sociali, per esempio, e' quello di stabilire che non ci siano abusi o instabilita' psichiatriche che impediscono all'atto di essere completamente libero.
Che dici primo mini'?
Quoto alla grande, l'esecutivo regge
A me pare che i problemi siano in realtà due:
il primo è, come detto da molti, il criterio della libertà di scelta in un quadro di tutela del nascituro che di certo non dipende dall'utero in cui si svilupperà e questo è un dato scientifico e incontrovertibile dato dai numerosi studi antropologici, etnografici e sociologici che dimostrano senza alcuna possibile smentita che la cosiddetta "famiglia naturale" non esiste e che la famiglia è sempre e solo un dato culturale che muta e si adatta alle condizioni storiche date.
Quindi il nascituro deve essere garantito nella forma e nei modi citati da carib, non nell'avere un padre uomo e una madre donna.
Il secondo punto è invece legato all'utero come mezzo di produzione, che è poi un problema presente anche nella prostituzione.
Qui il problema morale ne cela uno politico-economico.
L'utero è un mezzo di produzione inalienabile (oltre che particolarmente redditizio e che non subisce gli effetti dell'avanzamento tecnologico, ossia l'accumulo di capitale fisso e dunque crescenti le barriere all'ingresso).
Che significa? Che in potenza ogni donna può sottrarsi dal ricatto del lavoro salariato.
Il rischio non è nella trasformazione della potenza in atto, ossia un domani in cui tutte le donne vendono l'utero o si prostituiscono.
Ma la messa in discussione di uno dei principi cardine di questa società da parte di una buona metà della popolazione semplicemente attraverso l'uso del proprio corpo.
Una mina nel cuore del capitalismo, il quale predica di mercato e libero scambio, ma è semplicemente terrorizzato da qualsiasi scambio effettivamente libero possa avvenire (nessuno scambio sul mercato lo è davvero).