altrimenti l'essenza della vita umana che è spesa nella continua ricerca di realizzazione della propria identità sarebbe il 'maaaaale'. E invece no, l'importante è realizzare la propria identità senza annullare gli altri (vita mea mors tua), senza annullare gli affetti. L'importante è il rapporto con la realtà umana.
Faccio un brevissimo OT, spero mi perdoniate, ma credo che in una certa misura interessi l'argomento.
C'è un professore molto molto interessante e abbastanza geniale (umberto galimberti), imho, che spiega la differenza tra la concezione che avevano gli antichi greci dell'uomo e del suo ruolo, rispetto a quella cristiana che abbiamo noi oggi, basata sul'individuo. Oggi il pensiero si sviluppa sull'io, sull'ego, sulla necessità dell'individuo.
Si lavora per se stessi o al massimo i propri (limitati) cari, si costruiscono vite basate sulla carriera, sul successo personale. La base proprio del pensiero, la base della vita di una persona si basa sulle necessità personali.
Per i greci non esisteva l'individuo, solo ed esclusivamente la comunità.
Ecco, tutta sta roba mi chiederete voi che ve la dico (male, perché sono una capra) a fare? Perché l'impulso alla procreazione in teoria dovrebbe nascere del bene della comunità, dalla prosecuzione della specie, non dal desiderio individuale egoistico di "avere" un figlio, da tutte le pressioni sociale che subiamo o dal semplice desiderio di avere qualcuno a cui lasciare il proprio nome.
Per noi occidentali il tempo dell'amore (con ovvie e chiarissime eccezioni a parte) è finito da tantissimi anni, i figli sono molto spesso capricci e come tali vengono cresciuti.
In tutto questo io ritengo completamente nulle e fuori dalla realtà le argomentazioni basate sulla natura riguardo alle coppie, al sesso (gender) e all'adozione/procreazione.