Quelli che tifano Lazio senza pregiudizi pro o contro Lotito sono anni che lanciano segnali d'allarme circa i limiti di una conduzione aziendale di questo tipo. Sono anni. Dall'unica scuola calcio di Roma per le giovanili (struttura dove non c'è manco un bar per i genitori che aspettano i figli), alla totale assenza di politica di marketing; dalla struttura di direzione sportiva inesistente all'inconsistenza di investimenti nello scouting; dall'incapacità di sviluppare il "prodotto Lazio", alla gestione più padronale che paternalistica del brand e del patrimonio di immagine costituito dai giocatori (molti di voi non conoscono la voce di Klose, perché per anni qualcuno non lo faceva parlare). Per non dire dei profili finanziari (non abbiamo mai avuto un CFO: eppure fatturiamo 150 milioni) e del tema stadio.
Questo insieme di fattori, sin qui, ha inciso relativamente nel nostro "processo storico", anche per una serie di congiunture propizie: il 26 maggio; l'incredibile sequenza di sfighe e accidenti capitati a quelli là, in ambito sportivo e parasportivo (se non fosse caduto Marino, avrebbero avuto lo stadio da anni) e ad altre realtà storiche del calcio (Milan, JUventus e la stessa Inter), che hanno lasciato spazio ad altri; alcune singole intuizioni felici (Reja, Inzaghi e Sarri, in modo e con risultati diversi; Immobile, che preso a 2.000 lire ti segna 200 gol; e Milinkovic, che ti regge la baracca per anni: insieme, un po' Rui Costa e Batistuta).
Tutto questo ci ha portato felicità e una buona continuità di risultati. Ma i problemi strutturali restavano, così come il rischio ben visibile di inevitabile decrescita infelice. Anche qui, molti perculamenti rivolti alle Cassandre, con gli esempi di rioma, Atalanta, Viola, Bologna eccetera: tante parole, pochi fatti, zero tituli. Ma, c'è un "ma".
Io sono il primo a credere che il calcio non è una "azienda esatta": puoi investire per anni e raccogliere poco, mentre altri, con molto meno, raggiungono i risultati. Ma nel lungo periodo, organizzazione e ricchezza fanno la differenza: e, infatti, i club che hanno avuto costanza di investimento e di organizzazione nel lungo periodo sono quelli al centro della storia sportiva.
Lotito ha esagerato. Lui è un favorito della fortuna; un temporegiatore che non sceglie (quasi) mai, ma quando sceglie sembra cogliere sempre il kairos e tesaurizza l'occasione: basta vedere come cambia tutta la sua storia quando sceglie di prendere la Lazio. E tuttavia, ha sfidato troppo la sorte, avvitandosi in una dinamica di gestione che non vuole creare valore, ma ha la presunzione di volerlo manrtenere e basta; così, rischiando invece di perderlo per molto tempo allorché le congiunture, i fattori imponderibili, si oppongono e gli altri competitor, al contempo, azzeccano le mosse giuste.
Se la scelta di Tudor non si rivelerà vincente; se Fabiani non troverà quelle 2-3 intuizioni felici che ebbe Tare all'inizio del suo percorso; se lo stesso Lotito non sceglierà la proposta giusta, tra le mille che il suo entourage di consiliori (tra cui la famiglia Moggi) gli soffierà all'orecchio questa estate e la prossima; ebbene, la probabilità di una sequenza di stagioni recessive è molto alta. Diventerà ancora più probabile se Bologna, Atalanta e Fiorentina raggiungeranno traguardi sportivi che permetteranno nuovi e più importanti investimenti, governati da struttura che, rispetto alla Lazio, sono nettamente più razionali e competenti.
Poi, noi possiamo vivere questa incertezza in molti modi: lamentandoci; infuriandoci; inseguendo più o meno utopiche idee di rivoluzione, attiva o passiva, contro il proprierario; sbattendocene le palle e vivendo alla giornata, isolandoci nella nostra passione.
Ecco, quanto a quest'ultima opzione, io ho qualche dubbio, sopratutto perché considero la Lazio non mia, cioè non soltanto "mia", ma anche "nostra" e "loro", dove il "noi" sono le giovani generazioni di oggi e quelle che potrebbero nutrire la nostra stessa passione tra qualche anno.
Isolarsi è una scelta egoista: la nostra passione per la Lazio andrà inevitabilmente a spegnersi o quanto meno a intiepidirsi negli anni, come accade per tutte le passioni della vita andando avanti per l'età. Il retaggio del passato non sarà consegnato a nessuno o a pochissimi, e magari proprio a quelli che associano alla Lazio altre cose, non proprio belle. E l'idea di questa parabola mi provoca grande dispiacere e mi fa affermare che Lotito ha passato un limite e, adesso, va contrastato e contestato in modo forte, a tutti i livelli e in tutte le occasioni possibili.
Scusate il papello, i suoi errori e le sue esagerazioni.