I modelli sono falliti.
Forse perché c'è un rifuto a integrarsi, volendo mantenere il proprio modello culturale ?
No. C'è una pesante inversione di causa e effetto.
Il rifiuto, eventualmente, non è a integrarsi ma a integrare.
Ci sono fior di ricerche (da parte dell'INSEE per esempio, che è l'Istat francese) o saggi interessantissimi (tra i tanti ricito quello di Marc Wetizmann, "Le temps de Haïr" dove si parla di
islamizzazione del radicalismo).
Ossia visto che la promessa di benessere era negata (come a tanti altri, ma a quelle comunità ancora di più, con un tratto omogeneo che tra i bianchi manca) allora l'unica risignificazione dignitosa era recuperare la propria comunità e dichiarare guerra ai bianchi.
A rafforzare quello che dici, ma anche a sottolinearne l'effetto paradossale, va detto che la percentuale di persone "fichier S", ovvero sospettate di radicalizzazione, d'origine europea raggiunge percentuali altissime (intorno al 30%, ovvero uno su tre) che escludono alcune semplicistiche spiegazioni legate alle
origini. Ci sono migliaia di ragazzini che sono passati dal catechismo cattolico alla radicalizzazione che sono un enorme bemolle al semplicismo.
Un altro dato che in qualche modo offre spunti di riflessione interessanti per escludere questa visione quasi genetica, biologica, del radicalismo è dato dalle cifre della radicalizzazione a Marsiglia. Che sono sorprendentemente basse per la città che rappresenta il simbolo della
mixité culturale dove la presenza di popolazione d'origine musulmana è elevatissima. Tra le spiegazioni offerte c'è ad esempio un'
offerta di soluzioni alle giovani generazioni più variegata rispetto ad altre zone a rischio. Come paradossalmente, ad esempio, la criminalità organizzata oppure anche un forte comunitarismo trasversale legato alla squadra di calcio. Insomma, i giovani marsigliesi si sfogano e cercano di sfondare la lastra di vetro che blocca l'ascensore sociale con altri mezzi, spesso violenti, rispetto al corano.