Eccoci qua, provo ad esprimere le mie considerazioni per punti. preliminarmente dico che vedo nella costruzione logica del discorso diverse analogie con la retorica anticomunista, provo a evidenziarle:
1) non si capisce per quale ragione studiosi come i già citati Sand, Pappé, Warschawski, Winkelstein sono studiosi militanti, con "una visione con una data matrice della struttura del reale, che la precede e la conforma" e invece questa definizione non valga o non venga sottolineata per il sionista Robiati bendaud, rispetto a cui invece ci si ferma a "studioso".
Non è forse anche il sionismo una visione con una data matrice della struttura del reale, che precede e conforma la lettura che questo fa del rapporto tra islam ed ebraismo?
Mi rispondo da solo, si lo è. E invece si ripresenta la rappresentazione classica: l'Altro è ideologico, io studio la realtà fattuale
2) altra analogia sta nella valutazione dei fenomeni.
è un dato acclarato che la discriminazione ebraica in europa toccò vette impareggiabili e che nel mondo islamico la persecuzione fu un fenomeno a cavallo tra età moderna e contemporanea e che fa chi vuole renderlo astorico? Si concentra unicamente su questa fase, che poi proietta all'indietro anche con dati carenti e frammentari. A quel punto il fenomeno vero (persecuzione europea) diventa una sorta di dato naturale, su cui soffermarsi poco, connaturato in un processo che però poi ha portato al migliore dei mondi possibili, mentre l'Altro ooo l'altro si che ha un problema culturale...
Che poi è come il discorso sui crimini di stalin e Mao e l'accento sui milioni di morti, come se il capitalismo liberale non ne abbia fatti notevolmente di più e, peggio ancora, non si sia limitato a eliminare il dissenso ma abbia fondato la sua accumulazione originaria su schiavitù dei neri (con annessi e connessi) e assoggettamento violento dei contadini europei.
In termini popolari siamo dei grandi buoi che cercano cornuti in giro.
3) la totale assenza di logica nell'attribuzione dei diritti, qualsiasi accezione si assuma. Il tema è il diritto all'esistenza dello STATO ebraico.
Da un punto di vista religioso non esiste. Non c'è il diritto di ALCUNA religione ad avere uno stato proprio. Nè regge l'idea che lo stato serva da tutela mondiale perché non è che il giappone accoglie tutti i buddhisti perseguitati nel mondo. Il rapporto di inclusione/esclusione è un rapporto complesso di cui la religione è un carattere. Ma è folle riconoscere ad una sola religione tale possibilità, che va negata categoricamente e chi la sostiene va asfaltato.
Israele NON HA un diritto religioso ad uno stato.
Ma non ce l'ha manco da un punto di vista storico. Altrimenti io mi aspetto che ING o A79 sostengano che da domani gli anglosassoni vadano affanculo dal nord america e lo lascino a Navajo e Cherokee così come tutti gli ispanodiscendenti il centro e sud america a favore degli indios. Per altro tale diritto sarebbe ben più recente di quella cialtronata storica della diaspora (del tutto inventata, andiamo pure sui fatti storici se si ritene forte tale affermazione).
Dunque anche fosse vero, anche fosse che 2000 anni fa i popoli lì residenti siano stati scacciati - cosa falsa, ripetiamolo - questo non darebbe diritto assolutamente a niente. E lo sapete anche voi, altrimenti come già detto sosterreste cause che invece non vi sognereste mai di sostenere, perché quelli li considerate "amici" mentre in questo caso - in realtà come al solito - gli amici sono i conquistatori, i colonialisti. E quindi si ribalta la storia a proprio piacimento, prendendo a riferimento quel che fa comodo per giustificare quel che in realtà è una violenta aggressione.
Altra cosa è la nazione ebraica, ma diritto a propria nazione e diritto a propria stato sono cose ben diverse.
4) parlare di "arabi" o "musulmani" e attribuire loro una vicinanza o una lontananza al nazismo sulla base delle scelte politiche del Mufti è la più grande manipolazione logica che l'essere umano abbia mai conosciuto da quando ha inventato la ruota.
Non ha semplicemente senso, sia dire che gli arabi fossero nazisti o filonazisti, sia che fossero anti.
Sarebbe come chiedere se gli italiani erano filofranchisti o antifranchisti durante la guerra civile in spagna. Anche facendo riferimento ai numeri di chi combattè da una parte e dall'altra si commette un grande errore storico. perché non si considera cosa dà vita a quei numeri che non è necessariamente una questione di consenso ma anche di strutture organizzative, logistiche, capacità militari.
Premessa: discutere sulla Palestina mi stressa, in questo momento più che mai, perché provo grande disagio a picchiettare sulla tastiera, bello comodo dentro il mio studio, mentre nello stesso preciso momento scorre il sangue. Mi sembra di mancare di rispetto. La mia posizione emotiva sull'argomento è: "posate le armi e liberate gli ostaggi, del resto non mi interessa". Le analisi di strategia politica le lascio a chi lo fa di mestiere, io non riesco a capire se eradicare Hamas sia necessario o meno raggiungere la “pace”, una pace umana, giusta, duratura.
Detto questo, tengo ancora dire una cosa - forse poco utile, ma sincera - a FD e ad altri (penso a Fiammetta), per i quali la tematica del conflitto palestinese è, come dire, consustanziale alla loro stessa identità e la vivono con straordinaria serietà e con assoluto impegno, che non ho la minima presunzione di "spiegare" alcunché come di offendere i loro sentimenti con affermazioni magari poco meditate o superficiali. E mi scuso in anticipo se ciò dovesse accadere.
Dopo le premesse, osservo che il mio discorso non è stato formulato con chiarezza o, forse, si è perso il filo dialettico che lo legava alle riflessioni precedenti.
1) Se a sostegno di opinioni e valutazioni si prospettano quali fonti storiografiche i lavori di autori politicamente militanti, viene naturale a me replicare indicando fonti equivalenti: se mi citi Carpi per spiegarmi Lenin, io ti cito Pipes. E ciò posto che, come sai, a Robiati hanno fatto il culo, impedendogli di parlare nel giorno della memoria, perché è fondamentale negare il nesso antisionismo/antisemitismo per i militanti che prima di essere pro-palestina sono anti-usa /, anti -atlantisti, anti-capitale. Perdonate la semplificazione generalista, ma io ho questa percezione.
2) il tema dell'antisemitismo europeo è, ovviamente, studiatissimo da questo lato del sole e conosciamo i contributi decisivi di studiosi che ci hanno spiegato tutto, ma proprio tutto, sulle "radici del male" (è il libro più completo sull'argomento, per di più scritto in italiano: ci si trova tutto). Per dire, a Roma, a casa nostra, il Ghetto nasce nel 1500 con la bolla papale Cum nimis absurdum, che stabiliva che nel Regno Pontificio gli ebrei non potessero avere diritti immobiliari ma solo diritti mobiliari e dovessero esercitare il piccolo commercio (di qui la secolare tradizione romana degli "straccivendoli", dei "venditori di bottoni" ecc. del ghetto). Andatevi a cercare la bolla su internet (il titolo, come per gli atti normativi da Giustiniano in poi deriva dall'incipit) e leggetevi le prime 10 righe: ci sono prescrizioni normative analoghe al diritto coranico (oltre al linguaggio e concetti utilizzati letteralmente nel '900 da nazisti e fascisti). La posizione è la stessa, là dove la regola statale di relazione (=norma giuridica) ha come punto di origine il precetto religioso. C'è insomma un tratto comune: gli ebrei erano una sotto-categoria sociale, avevano uno statuto normativo limitato e i loro diritti, anche quelli minimi, potevano essere violati. E, soprattutto, erano diritti precari: oggi c'erano, domani chi lo sa. Ecco, a noi mancano - ma gli storici che studiano i rapporti tra Ebrei e Islam nel corso della storia espongono i dati, che sono tutt'altro che frammentari ma occorre conoscerli - le storie, i racconti, la cronaca, la visione dal lato del sottomesso, dell'ebreo nei paesi musulmani, che per 1400 anni si è visto privato dei diritti perché la legge coranica tanto imponeva. Dice: perché ci racconti 'ste menate? Le racconto perché credo sia utile per capire la psicologia collettiva di un popolo che è stato oggetto di una persecuzione discriminatoria senza uguali nella storia, ad ogni latitudine e in ogni epoca. Sotto l'Islam con una connotazione più agevole da leggere, attenzione, perché in Europa si è affermato lo Stato di diritto e il sentimento religioso è declinato irreversibilmente, consentendo l’emancipazione degli ebrei, che sono diventati docenti, imprenditori, uomini di scienza e di cultura, artisti importanti. Tutto ciò, con il rimbalzo del nazismo, allorché al primato religioso si è imposto un concetto innovativo, quello della supremazia della "razza". Nei sistemi musulmani, l'andamento evolutivo è totalmente diverso: è lineare. Gli ebrei sono rimasti per sempre una classe inferiore e discriminata. Esposti alla strage in qualsiasi momento (l’ebreo non poteva portare armi, per dirne una). Tutto qui. Quindi credo sia onesto accendere il faro sulla falsificazione del discorso che tende a negare un antisemitismo storico, religioso-giuridico, del mondo musulmano, affermando unicamente l’esistenza di un (legittimo) "antisionismo islamico" recente, quale prodotto storico successivo alla creazione dello stato di Israele.
Io penso sia una menzogna colossale, che viene dal mondo islamico e viene recepita acriticamente dai lettori occidentali pro-palestina, che trovano rassicurante conforto in essa per ovvie ragioni. È vero esattamente l'opposto: gli Ebrei non possono avere uno stato in Palestina perché sono (sempre stati) feccia, anche quando non contavano nulla, e perché secondo la teologia musulmana il viaggio del profeta Maometto sul destriero mistico al-Buraq verso la santa Gerusalemme (Al Quds) ha posto un limite invalicabile. Gerusalemme è dell'Islam e la Palestina è stata destinata per bocca del Profeta ai musulmani. Questi, nella visione mistico-religiosa dei credenti musulmani, sono dati essenziali, non negoziabili. E ampiamente manipolabili e utilizzabili come mezzi di controllo sociale, ovvio, da chi non crede a una beneamata minchia, ma orienta le scelte altrui per scopi di dominio e di potere.
3) veniamo al punto centrale del discorso: io volevo, anche qui per motivi di chiarezza, richiamare l'attenzione sulle falsificazioni reciproche non affermare il "diritto religioso" di Israele ad esistere. Ad oggi, non vi sono tracce archeologiche di comunità di Ebrei in Egitto poi ritornate in patria; come non si può affermare una presenza etnologicamente omogenea di "palestinesi" in Palestina. Sono schermaglie, pseudo-battaglie di concetto che sionisti e palestinesi hanno intrecciato per costruire un immaginario, da spendere a livello politico interno ed esterno.
Non c'era una Palestina dei Palestinesi, 1400 anni fa, come non c’era 150 anni fa. L'identificazione di una nazione palestinese, l'enucleazione di un popolo palestinese della Palestina è il prodotto del conflitto moderno, perché fino ad allora erano gli altri "Arabi" a negar loro un'identità nazionale.
Questo non legittima minimamente, dal mio punto di vista, alcuna aggressione da parte di Israele contro civili inermi né la volontà di fagocitare ad libitum spazi e territori. Ma non legittima neppure, sempre dal mio punto di vista, le rivendicazioni del mondo arabo alla vigilia del '48 per la creazione di uno "stato unico palestinese" (che, probabilmente, avrebbe visto il sopravvenire di sanguinose faide tra stati arabi per la leadership e il controllo nel nuovo territorio liberato dal dominato turco e dai mandati europei). In altri termini, la "fondazione" o "creazione" dello stato di Israele ha la (o è priva della) stessa legittimazione di quanto non l’avrebbe avuta lo stato arabo unico della Palestina. La soluzione dei due stati, in questa prospettiva, era assolutamente corretta. Soluzione che però il mondo arabo NON VOLLE, attenzione, preferendo uccidere in culla Israele. Gli stati arabi hanno perso quella guerra, hanno perso tutte le altre. E le perderanno ancora, perché gli Ebrei - pochi milioni contro 2 miliardi di musulmani - combattono disperatamente per la sopravvivenza, sanno perfettamente cosa aspetta loro in caso di sconfitta e si faranno, prima, uccidere tutti dal primo all'ultimo. E per venire alla “provocazione” americana, al di là del fatto che sin dalle scuole elementari io volevo fare l’indiano e non il cow boy, non mi pare aiuti a svelare posizioni irrazionali o incoerenti. E comunque, sì, non avrei dubbi circa quale causa patrocinare dinanzi a qualsiasi tribunale: ovviamente, sarebbe quella dei nativi (che, tra l’altro, in questi anni stanno vincendo un sacco di cause per ottenere prerogative “compensative” di quello che hanno subito).
4) quanto a Amin al-Husseini, non facciamo un mappazzone. Il tema dell’adesione di un numero rilevantissimo di volontari alle brigate naziste esprime un concetto ben preciso, saldandosi alla lettura di cui sopra, e designa una responsabilità collettiva altrettanto precisa, al netto di quelle personali dei titolari della leadership politico-religiosa. Centinaia di migliaia di arabi scelsero la parte con cui stare, perché il loro nemico (=l’ebreo, poi, ma molto poi, il britannico) era comune al nemico nazista e la prospettiva di annientarlo era propizia. Possiamo dire che sono state merde, né più né meno degli impavidi nostrani che hanno combattuto a fianco delle SS? Possiamo accollare ai 30.000 arabo-palestinesi che si sono arruolati con le SS il patentino di feccia o lo riserviamo solo all’IDF per quello che sta facendo a Gaza?