Tornando invece alla crisi finanziaria futura, che io ho definito in contraddizione con la convinzione per cui domanda e offerta si incontrano e tendono all'equilibrio.
veramente non ci leggo cosa dici, pur comunque avendo le mie critiche sull'assunto domanda/offerta.
io vedo piu' il semplice problema di dover creare liquidita' al momento di una recessione.
Provo a spiegare perché il problema non è dover creare liquidità, anzi è averne troppa (come per altro dice lo stesso articolo esplicitamente):
cosa significa che il rendimento dei titoli è negativo e che le banche stanno chiedendo la remunerazione sui depositi?
Che la richiesta di denaro affinché diventi capitale (ossia vengo investito) è molto bassa, il denaro ristagna negli istituti bancari e perde progressivamente di valore.
Ma perché la richiesta di denaro è bassa? perchè resta bassa, strutturalmente, la redditività degli investimenti (ovviamente su un piano generale, non significa che non esistano in assoluto settori redditivi, ma occorre considerare che quelli sono già saturati dagli operatori presenti o tendono molto velocemente ad esserlo).
Quindi il problema che abbiamo non è quello di avere poche risorse a disposizione, ma di averne troppe e non sapere che farcene. E' come se avessimo tonnellate di prodotti deperibili in frigo ma le tirassimo fuori solo per sfamare chi può pagarcele (l'investimento redditizio). Fuori dalla cucina possono pure esserci milioni di affamati ma se non possono pagare quei cibi pian piano si rovineranno, valendo sempre meno.
Le banche centrali abbassano il costo del prestito, il vantaggio di tenerle in frigo, per favorirne la circolazione, per favorire gli investimenti, ma niente da fare.
A questo punto chi detiene quelle risorse, pur di non farle deperire, torna a rivolgersi alla finanza, con il rischio (ormai certo) di una prossima bolla speculativa e quindi di una nuova mazzata su istituti di credito e, in seconda battuta, sui conti pubblici.
Perché lego tutto questo a domanda e offerta?
Perché questa situazione ci segnala che la massimizzazione del profitto ha portato, come i campanelli finanziari ci segnalano, esattamente all'opposto dell'incontro tra domanda e offerta della novella utilitarista: infatti per massimizzare i profitti si sono contratti il più possibile i salari e al contempo si è allargata la base produttiva per mezzo di tecnologia ed organizzazione del lavoro (economie di scala).
Quindi si è contratta la domanda e allargata immensamente l'offerta.
Questo porta sì a costi più bassi e guadagni unitari più alti, ma sul piano generale macroeconomico porta a crisi di sovrapproduzione sempre più ampie e che non riescono più ad essere contenute tramite lo strumento finanziario. Domanda e offerta si allontanano e la prima non riesce assolutamente a star dietro alla seconda, dando vita ad un circolo vizioso potenzialmente esplosivo.
Per questo, come ci racconta Jimmy, oggi parte importante del capitalismo globale si butta a pesce sulla green economy: perché vede in essa un branco di affamati in grado di pagare il cibo del frigo in deperimento. Ossia una serie di investimenti finalmente redditizi su cui buttare i miliardi di dollari/euro altrimenti fermi negli istituti di credito.
Se questo può essere vero nel breve periodo, non lo è nel lungo a meno che non si immagini la green economy come una vera e propria rivoluzione industriale, poiché solo fenomeni di tali dimensioni (assieme alle guerre mondiali) sono riusciti a dare lo stimolo necessario a far ripartire la macchina ingolfata.
TUTTI i campanelli finanziari parlano di questo problema strutturale del capitalismo.
Che può essere tamponato accorciando i cicli di vita dei prodotti, inventando un'economia fittizia che è dieci volte il pil mondiale (i mercati finanziari), anticipando i consumi di anni e anni (credito), ma che niente di tutto questo riesce a risolvere.
I problemi strutturali del capitalismo non possono essere risolti dal capitalismo stesso. Questa importante affermazione dimostrata scientificamente da Marx ancora nessuna dottrina economica è riuscita a smentirla.
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